Forse alla fine di Euro 2020 l’impatto del Covid-19 sulle rose delle singole squadre qualificate per la fase finale e, di riflesso, sull’esito dell’intero torneo apparirà inferiore, almeno rispetto a quanto preventivato e temuto alla vigilia. In fondo, il Perišić positivo prima del match degli ottavi contro la Spagna se l’è cercata, visto che non si era vaccinato. Senza copertura era anche Busquets, come del resto i suoi compagni di Nazionale e per una precisa scelta della Federcalcio spagnola che non aveva voluto far passare i convocati all’Europeo come privilegiati; la sua assenza poteva pesare e ha pesato nei primi due match, ma Luis Enrique ha avuto la lungimiranza di non sostituirlo, anche se la non negatività al Sars-Cov-2 era stata riscontrata prima dell’inizio del torneo. Così, il centrocampista del Barcellona è tornato in campo a dare il suo fondamentale contributo. Parabola simile per Kulusevski, che è stato ai box per Covid-19 all’inizio, ma nell’incontro perso dalla sua Svezia contro l’Ucraina ha giocato titolare. E chissà se Fernando Santos ha ripensato alla scelta di rimpiazzare Cancelo con Diogo Dalot, invece di provare ad attendere il reintegro dell’esterno ex Juventus almeno per la fase a eliminazione diretta.
Conseguenze maggiori poteva, infine, recare l’affaire Gilmour: il giovane scozzese del Chelsea è rimasto a lungo a parlare con Mount e Chilwell a margine di Inghilterra-Scozia, è poi risultato positivo e allora gli inglesi hanno precauzionalmente isolato i suoi due compagni di club per qualche giorno. La squadra di Southgate è, però, andata avanti lo stesso, trovando anche nuovi equilibri al suo interno.

Se, però, i continui e insensati spostamenti di questo Europeo itinerante in piena pandemia non hanno moltiplicato i focolai all’interno delle Nazionali, rinchiuse in bolle a loro volta itineranti, sembra, invece, fallito il progetto della UEFA di arrivare in fondo senza che nessuno avesse «il sospetto che gli interessi commerciali [della confederazione europea] prevalgano sulla protezione della salute». Già, perché all’indomani del match di Wembley che ha sancito l’eliminazione della Germania e il passaggio ai quarti dell’Inghilterra, il ministro dell’Interno tedesco, Horst Seehofer, si è prodotto in un «duro attacco» come lo definisce Tuttosport, e ha parlato di «comportamento irresponsabile» da parte del presidente UEFA Čeferin. Del resto, sugli spalti londinesi il 29 giugno c’erano 40mila spettatori, pari circa al 50% dell’intera capienza, ma sembravano molti di più e tanto assembrati, in un momento in cui in Gran Bretagna il numero dei contagiati dalla variante Delta del Sars-Cov-2 è in sensibile aumento. Il tutto mentre hanno cominciato a essere battute dalle agenzie di stampa notizie di tifosi andati a vedere partite e poi risultati positivi: quasi duemila scozzesi scesi a Londra per In Inghilterra-Scozia del 18 giugno; 86 finlandesi andati a San Pietroburgo per Russia-Finlandia del 16 giugno.

Sarcasmo sull’attento ministro tedesco a parte, non si può certo dire che la UEFA sia stata la sola a correre dietro interessi diversi da quelli della salute della popolazione: gli stessi governi europei hanno spesso assecondato, se non cavalcato le decisioni UEFA, da sempre orientate a una maggiore commercializzazione del proprio brand e dei propri prodotti. Ci spieghiamo meglio.

Ad aprile è divenuto palese il proposito della UEFA di lasciare l’Europeo itinerante, come previsto in tempi pre-pandemia, e di non voler ricorrere alle bolle e agli stadi vuoti, come fatto per le fasi finali di Champions League ed Europa League 2019/20. Anzi, in tale frangente, il massimo organismo calcistico europeo ha messo sul piatto delle condizioni quasi ricattatorie che imponevano alle dodici nazioni ospitanti di garantire stadi aperti almeno al 25% della capienza. Giochino cui si è sottratta solo l’Irlanda. E così, quando si era ancora tutti in zona rossa o arancione, qui in Italia abbiamo dovuto giurare sulla testa di Gravina che l’Olimpico avrebbe ospitato fino a 20mila spettatori, indipendentemente da come sarebbe stata la situazione della pandemia a giugno. Stessa cosa ha fatto il governo tedesco per l’Allianz Arena di Monaco di Baviera.
Il calo dei contagi e il deciso aumento dei vaccinati, registrati nel mese di maggio, hanno poi permesso al governo Draghi di inserire la possibilità di ospitare partite dell’Europeo – tra l’altro degli azzurri – nella retorica delle ripartenze. E siamo convinti che strade simili sono state seguite anche in paesi come Germania e Spagna. In Ungheria si è, invece, andati oltre: Orban ha addirittura garantito la Puskas Arena piena. Tanto, in fondo, chi è in grado di valutare effettivamente i numeri della pandemia in una autocrazia?

L’Europeo senza sede è così diventato un terreno di forte rappresentanza politica per i singoli stati che, a competizione avviata, hanno cominciato a rilanciare. Oggetto del contendere il fatto che, tra il defilamento di Bruxelles nel 2017, quello di Dublino nel 2021 e l’iniziale assegnazione di semifinale e finale, Wembley si è trovato a poter ospitare otto partite, ma aveva inizialmente garantito solo la capienza al 25%.
Orban – ovviamente – è stato il primo a dire alla UEFA: spostate la fase finale a Budapest che qui è tutto sotto controllo… Poi c’è stata Roma, che, preoccupata per l’aumento dei casi di variante Delta nel Regno Unito, ha suggerito di spostare le ultime tre partite all’Olimpico. Anche Merkel e Berlino si sono allineate su questa proposta o, comunque, hanno chiesto di non giocare proprio lì dove c’era maggior pericolo di contagio.
La UEFA prima ha nicchiato, poi ha tagliato corto: semifinali e finali rimangono a Wembley. Ma allo stesso tempo ha fatto capire a Boris Johnson come una fase finale con più tifosi allo stadio sarebbe stata un bello spot per il calcio che riparte!
Ed ecco, magicamente, il governo inglese portare la capienza di Wembley al 50% per l’ottavo previsto (l’Inghilterra-Germania cui si faceva cenno a inizio articolo) e poi al 75% per semifinale e finale. Proprio mentre la soglia dei 25mila nuovi contagi al giorno viene passata con regolarità, cosa che non accadeva da gennaio 2021.

Tutto ok e possiamo andare avanti lo stesso senza cambiare programmi? Beh, mica tanto, se il governo inglese ha chiesto ai tifosi Oltremanica di non recarsi a Roma per il quarto di finale contro l’Ucraina, vista l’impossibilità di rispettare la prevista quarantena di cinque giorni. Senza contare che la UEFA ha fatto capire che a vedere la fase finale a Wembley potranno andare solo italiani e spagnoli che sono residenti in Inghilterra e Irlanda e, quindi, Southgate e compagni potranno giocare in uno stadio quasi pieno, ma solo di tifosi dei Leoni.

Nella foto in evidenza: Chilwell e Mount si trattengono con Gilmour a margine di Inghilterra-Scozia