Il 2 gennaio 2019 la Lega Serie A diffuse un comunicato stampa che spiegava le modalità di acquisto dei biglietti per la finale di Supercoppa Italiana tra Juventus e Milan, in programma a Gedda di lì a due settimane. Il documento ufficiale riportava che
i settori indicati come “singles” sono riservati agli uomini, i settori indicati come “families” sono misti per uomini e donne
certificando in maniera sorprendentemente candida che in Arabia Saudita per uomini e donne le modalità di accesso allo stadio erano differenti e che, in fondo, questo alla “Confindustria del pallone” stava bene.
La Lega si affrettò subito a smentire, fare distinguo e spiegare che andava, comunque, considerato un successo il fatto che le donne potessero recarsi allo stadio per vedere bianconeri e rossoneri. Il presidente della vigilanza Rai, official broadcaster dell’evento, invitò la rete a porre attenzione alla scelta dell’offerta, ma poi finì che la gara si fece, che il servizio pubblico la trasmise, che segnò Ronaldo, che la Juventus vinse e che il Milan protestò per un rigore non dato.
Ad ogni modo, i dettagli commerciali dell’accordo tra i vertici della Serie A e l’Arabia Saudita erano ben noti: un contratto triennale da sette milioni di euro, circa il doppio di quanto incassato nelle precedenti edizioni organizzate all’estero. Un’operazione di puro sportwashing a pochi mesi dall’omicidio del giornalista Khashoggi, che vedeva come probabile mandante il principe ereditario Mohammad bin Salman. Senza contare le innumerevoli denunce di violazioni dei diritti umani che periodicamente portavano alla ribalta internazionale il regno saudita.
Così, undici mesi dopo, il 22 dicembre 2019, fu il turno di Juventus-Lazio. Non però a Gedda, dove comunque l’anno prima c’erano stati 61mila spettatori, ma al King Saud University Stadium di Riyadh, capienza di soli 25mila posti. Sarà un caso, ma proprio in quel periodo e, più precisamente, tra l’8 e il 12 gennaio 2020 lo stadio di Gedda si riempì per un’altra Supercoppa, quella di Spagna: Real Madrid, Barcellona, Atletico Madrid e Valencia diedero vita a vibranti semifinali e a una finalissima decisa solo ai rigori. Anche qui il contratto era triennale, ma il prezzo pagato dai sauditi molto più alto, visto il blasone dei club coinvolti e il numero triplo di partite assicurate dal nuovo format introdotto per l’occasione: quaranta milioni di euro.
Il resto è storia di questi giorni. Un po’ per la situazione pandemica, un po’ per dietrofront della Lega (si saranno accorti che gli arabi non li hanno trattati poi così bene?) quella terza Supercoppa Italiana sul suolo arabo ancora non si è fatta. Né nel 2021, né questo gennaio. E speriamo che non si farà neanche in futuro, anche se saremmo curiosi di capire se, in caso di rinuncia, la Lega dovrà pagare delle penali.
La Supecoppa spagnola ha, invece, “onorato” gli impegni presi e, dopo la pausa del 2021 causa pandemia, è ritornata in Arabia Saudita, stavolta al King Fahd di Riyadh, 68mila posti. Ha vinto di nuovo il Real Madrid. Chi ha perso – la faccia – in tutta questa storia è, invece, piuttosto facile capirlo.
Nella foto in evidenza: la presentazione ufficiale della Supercoppa di Spagna 2019. A sinistra Rubiales, presidente della federazione calcistica spagnola