Le Olimpiadi del 1984 sono legate ai ricordi del primo trionfo dei fratelli Abbagnale, alle imprese in pista di Alberto Cova e Gabriella Dorio e a una notevole messe di medaglie (anche del metallo più pregiato) nella scherma, nel pugilato, nel pentathlon moderno, nel tiro a volo, nel ciclismo e persino nel sollevamento pesi. Una scorpacciata favorita dal boicottaggio del blocco dei paesi socialisti, che aveva anche permesso il ritorno della nazionale giovanile di calcio in un torneo olimpico a 24 anni di distanza.
Gli azzurri si fermano ai piedi del podio,[1] ma la cosa che più si ricorda è fatalmente quanto avviene il 2 agosto 1984 a Pasadena, tra l’altro nello stesso stadio in cui dieci anni dopo la nazionale maggiore guidata da Sacchi arriverà a giocarsi il Mondiale con il Brasile di Dunga, Romario e Bebeto.

Quel giorno si disputa Italia-Costa Rica, sfida valida per l’ultima giornata della fase a gironi e prima sfida a livello assoluto tra le due nazionali. Grazie a due striminziti 1-0 su Egitto ed USA gli azzurri sono già qualificati per i quarti, mentre i costraricensi sono già fuori. Agli ordini di Enzo Bearzot e Cesare Maldini, la nazionale olimpica schiera undici giocatori tra i 21 e i 27 anni che non hanno ancora assaggiato la nazionale A, ma che sono titolari nelle loro squadre di club: Zenga, Ferri e Filippo Galli, Franco Baresi, Viechowod e Tricella, Daniele Massaro, Battistini, Iorio, Sabato e Briaschi.
I costaricensi non hanno, invece, cognomi che sono o che diventeranno famosi. Il solo Chavarrìa sarà titolare sia nel match di Pasadena che ad Italia ’90, quando i centramericani sconfiggeranno Scozia e Svezia, perderanno solo 1-0 col Brasile e raggiungeranno gli ottavi di finale.[2] Quel giorno, però, hanno voglia di correre e un po’ di fortuna in più degli italiani. Così, la sterile supremazia degli azzurri non riesce a produrre che qualche patema al portiere Rojas, mentre una delle due uniche azioni del Costa Rica viene concretizzata dal ventitreenne centrocampista Enrique Rivers, che con un destro da fuori area batte Zenga.
Per l’Italia lo 0-1 non vale una Corea (a differenza di quanto accadrà trent’anni dopo al Mondiale brasiliano). Per la Costa Rica la vittoria segna un’impresa che sarà di buon auspicio per il futuro. Per Rivers quel gol fatto a Zenga resta, invece, il momento più importante di un’intera carriera.[3]

federico

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[1] L’Italia vince il girone eliminatorio con 4 punti, davanti a Egitto, USA (3) e Costarica (2), batte il Cile 1-0 ai supplementari nei quarti, perde 2-1 sempre ai supplementari contro il Brasile in semifinale e perde nuovamente 2-1 la finalina contro la Jugoslavia
[2] Cayasso, autore del gol vincente in Costa Rica-Scozia 1-0 dell’11 giugno 1990, fa parte dei 22 alle Olimpiadi, ma non gioca. Al contrario il difensore Marvin Obando è titolare nelle tre partite olimpiche del 1984, mentre a Italia ’90 gioca solo il primo tempo della partita degli ottavi (Cecoslovacchia- Costa Rica 4-1)
[3] Racconta Rivers che, nel tunnel che porta agli spogliatoi, chiese a Sabato di scambiarsi la maglia, ricevendone un secco no. Bearzot che aveva visto la scena invitò allora Rivers a entrare nello spogliatoio italiano e obbligò l’allora interista Sabato a effettuare il cambio maglia.