Battere un rigore a tempo scaduto quando il risultato è ancora in bilico, è una di quelle responsabilità che solo i giocatori di personalità sanno assumersi. Ma se quel rigore vale un’intera stagione o il sogno di una vita, allora anche le gambe dei giocatori più esperti tremano, la loro vista vacilla, la loro mente prova a pensare ad altro. E le cose non vanno come devono andare.

Pensiamo a quanto accade allo stadio Riazor di La Coruña il 14 maggio 1994 nell’ultima giornata della Liga. Il Deportivo è ancora sullo 0-0 contro il Valencia, mentre il Barcellona dopo enormi sofferenze è avanti 5-2 contro il Siviglia: questo vorrebbe dire arrivo a pari punti e scudetto ai catalani per miglior differenza reti, nonostante il Superdepor sia in testa dalla 14° giornata. Al minuto 89 il biancoblù Nando è messo giù da Serer e l’arbitro Lopez Nieto assegna l’indiscutibile penalty: il primo scudetto della storia dei galiziani è distante undici metri. Donato, il rigorista, è uscito, Bebeto non se la sente di tirare e allora sul dischetto si presenta il difensore Miroslav Ðukić che si sente in dover di prender la squadra per mano. Con i rigori, però, il serbo non ha molta familiarità e il suo tiro centrale e fiacco finisce nelle mani del portiere González che neanche volendo potrebbe mancare la presa. La Liga va ancora in Catalogna nell’incredulo silenzio del Riazor.

La decisiva parata di Suarez

La decisiva parata di Suarez

Un sogno che non si concretizza, come quello del Ghana ai mondiali sudafricani, anche se in questo caso il sogno è molto più grande e sul dischetto ci va l’uomo giusto. Quarti di finale tra Ghana e Uruguay. I 90′ regolamentari si sono chiusi sull’1-1 con un gol per tempo (Muntari e Forlan). Tutti si aspettano supplementari dominati dalla paura e in parte hanno ragione, solo che la squadra africana, forte di una maggiore freschezza atletica, nel finale pigia sull’acceleratore e sfiora il vantaggio. Al 120′ l’ultima occasione: sugli sviluppi di una punizione, a Muslera battuto, Suarez prima si oppone di piede a un tiro di Appiah da pochi passi, poi in tuffo para un colpo di testa di Adiyah. Rigore netto e Suarez espulso. Sul dischetto va Asamoah Gyan, che ha già segnato il rigore vincente con la Serbia e il gol del 2-1 ai supplementari contro gli USA. Solo che la palla invece di finire in rete scheggia la traversa e vola fuori. L’arbitro fischia la fine e si va ai tiri dal dischetto: Gyan stavolta segna, ma la strada è ormai segnata perché Mensah e Adiyah sbagliano. El loco Abreu con un cucchiaio segna per gli uruguayani il rigore del 4-2 e l’Africa è ancora una volta fuori dalle semifinali.

Lo stadio gremito in ogni ordine di posto

2 ottobre 2005, Lo stadio di Yaoundé gremito in ogni ordine di posto

E se invece come un sogno che sfugge di nuovo, la mancata vittoria fosse accolta dai tifosi come un dovere non compiuto? Beh, le conseguenze sarebbero imprevedibili come sa il buon Pierre Wome.
Ancora Mondiali, ma stavolta siamo alle qualificazioni e siamo nel 2006. I leoni indomabili del Camerun non sono stati così indomabili e devono ancora staccare il biglietto per la Germania. Ultima occasione il match con l’Egitto già eliminato da giocare a Yaoundé in uno stadio pieno zeppo di spettatori. Una vittoria basterebbe per lasciare a casa la Costa d’Avorio, ma il gol iniziale di Douala viene pareggiato al 79′ dall’egiziano Shawky. Al quarto di recupero, nell’ultimo disperato attacco, Olembé si corica in area di rigore appena sfiorato dai difensori egiziani. L’arbitro maliano Coulibaly indica il dischetto, Samuel Eto’o si avvicina al punto di battuta, ma Wome prende la palla e gli dice “ci penso io!”, forse ripensando al suo penalty che aveva dato al Camerun vittoria sulla Spagna e oro olimpico a Sydney nel 2000. Eto’o si lascia convincere perché forse a lui le gambe stanno tremando e lascia al suo compagno l’incombenza. Il tiro troppo angolato di Wome però lambisce il palo sinistro e si perde sul fondo. La partita finisce e la folla inferocita vorrebbe linciare (e non in modo figurato) l’autore di quel tiro sciagurato. La casa della famiglia di Wome è saccheggiata, l’auto e il negozio della sua compagna distrutti. Per fortuna nessuno riesce a trovarlo perché gli agenti del Ministero lo fanno salire sul primo aereo per l’Europa, per Parigi, da cui lo sfortunato terzino raggiungerà Milano e la sede dell’Inter.

federico