«Il più singolare e combattivo dei tornei a squadre, che per diverse ragioni, ed anche per la sua speciale natura tecnica (che fa obbligo di segnare più che si può, contando a parità di risultati la differenza attiva delle reti) ha dato luogo ad incidenti deplorevoli, e ad esclusioni d’autorità, non è stato vinto più di due volte da alcuna squadra». L’Enciclopedia illustrata del calcio italiano del 1939 presenta così la Mitropa Cup. Poche parole che ne colgono la peculiarità nella formula, che, prevedendo scontri diretti con partite di andata e ritorno, aumenta l’importanza del fattore ambientale e, di conseguenza, l’imprevedibilità del risultato, l’agonismo in campo e sugli spalti. Il periodo d’oro della Mitropa durerà solo tredici anni, ma saranno tredici edizioni molto intense.
Il progetto di una coppa riservata alle squadre di club del centro Europa prende corpo il 17 luglio 1927 durante il Congresso calcistico di Venezia, che vara anche il calendario della gemella Švehla Pokal (la Coppa Internazionale) riservata alle squadre nazionali e indica una collaborazione tra i paesi interessati che andrà oltre il dato sportivo.
Vera anima dell’organizzazione della Mitropa Cup è Hugo Meisl, allenatore della forte nazionale austriaca e segretario della Österreichischer Fußball-Bund.
I paesi danubiani, Austria, Ungheria, Cecoslovacchia e Regno di Jugoslavia, aderiscono sin da subito e la prima edizione si tiene l’anno stesso, dal 14 agosto al 13 novembre. Partecipano otto formazioni, generalmente le due migliori classificate di ogni campionato, oppure la prima e la detentrice della coppa nazionale. Vince lo Sparta Praga, che nella finale d’andata travolge 6-2 il Rapid Vienna e poi perde di misura la finale di ritorno (2-1). A guidare i praghesi in campo c’è Karel Pešek-Káďa, simbolo dello Železná Sparta che aveva dominato in patria e non solo tra il 1919 e il 1923. La finale di ritorno fa registrare anche il primo “incidente deplorevole”: il pubblico viennese, innervosito dal gioco duro praticato dai cechi, non la prende bene e lancia di tutto sul campo.
Nel 1928 si laureano campioni gli ungheresi del Ferencváros e in finale arriva nuovamente il Rapid. Dal 1929 i club jugoslavi sono sostituiti da quelli italiani, ma le prime partecipanti, Juventus e Genoa (anzi Genova 1893)[1], non fanno molta strada e sono entrambe eliminate al primo turno. Vittoriosa risulta un’altra compagine magiara, l’Újpest che in finale ha la meglio sullo Slavia Praga.
Nel 1930 l’Ambrosiana arriva in semifinale, dove viene eliminata dallo Sparta Praga (2-2 a Milano, sconfitta 6-1 a Praga). Per i nerazzurri la consolazione di avere tra le loro fila il capocannoniere della manifestazione, Giuseppe Meazza, autore di 7 reti. I cechi, a loro volta, cedono al Rapid Vienna, alla prima vittoria in tre finali raggiunte! Un altro successo austriaco nella quinta edizione: a sollevare la coppa è il First Vienna che in semifinale si sbarazza della Roma (vittorie per 3-2 in casa e 3-1 fuori) e in finale batte i cugini del Wiener (anche qui doppia vittoria di misura: 3-2 e 2-1).
La prima gioia all’Italia la regala il Bologna nel 1932, ma senza una vera e propria finale visto che le semifinaliste Juventus e Slavia Praga vengono escluse per gli incidenti occorsi durante i due match di semifinale. I rossoblù felsinei si ripetono due anni dopo, ma i due trionfi della “squadra che tremare il mondo fa” meritano uno spazio a parte, anche perché nessun altro club italiano riuscirà a vincere in questo primo periodo la coppa.
In mezzo ai due trionfi bolognesi l’Austria Vienna, nel 1933, imita il Rapid e il First e porta per la terza volta il titolo nell’ex capitale asburgica. L’Austria ha la meglio sull’Ambrosiana in una finale molto combattuta. Dopo il 2-1 di Milano firmato Meazza, Levratto e Viertl, gli austriaci vincono 3-1 il ritorno al Prater grazie ad una tripletta del grande Matthias Sindelar: Cartavelina segna il gol decisivo al minuto 88, tre minuti dopo che Meazza ha riportato le sorti generali dell’incontro in parità.
Il 1933 è l’ultima edizione ad otto partecipanti. Dal 1934 ogni nazione schiera quattro team, portando dunque il totale delle iscritte a sedici. Dopo il Bologna, è lo Sparta Praga nel 1935 a concedere il bis: in finale i praghesi battono i magiari del Ferencváros, rimontando con un 3-0 in casa la sconfitta (2-1) patita a Budapest. Da segnalare l’ottimo comportamento della Juventus, fatta fuori in semifinale dai futuri campioni soltanto dopo lo spareggio.
Novità nella decima edizione. Viene introdotto un turno preliminare per consentire anche alle quattro migliori formazioni elvetiche di partecipare. Nessuna delle quattro fa strada, ma questo poco importa: la richiesta della Svizzera mostra come la Mitropa stia via via acquistando prestigio. Intanto l’Austria Vienna, dopo lo 0-0 al Prater nella partita d’andata, va a conquistarsi sul terreno dello Sparta Praga con un gol di Jerusalem il secondo successo. Meazza è nuovamente il miglior marcatore della competizione.
Un’ulteriore estensione delle nazioni partecipanti avviene nel 1937: alle quattro storiche si aggiungono nuovamente la Svizzera, il rientrante Regno di Jugoslavia e la debuttante Romania. Per far spazio ai club di queste tre federazioni, vengono ridotte a tre le squadre di Italia, Austria, Ungheria e Cecoslovacchia. In finale arriva il Ferencváros e una brillante Lazio, che ha eliminato Hungaria e Grasshoppers e ha beneficiato in semifinale della squalifica inflitta dal Comitato Organizzatore ad Admira Vienna e Genova 1893 (rispettivamente per le proteste anti-italiane condotte a margine della partita d’andata a Vienna e per il rifiuto della F.I.G.C. di organizzare la partita di ritorno).
I biancazzurri laziali, che a Budapest limitano i danni e perdono 4-2, si ritrovano in vantaggio con lo stesso punteggio al 35′ della partita di ritorno, grazie a una doppietta di Silvio Piola e ai gol di Costa e Camolese. Ma il sogno dura poco e alla fine gli ungheresi vincono 4-5. Da segnalare la grande prova di Sárosi che, tra andata e ritorno, segna sei gol.
I preludi della guerra si fanno sentire anche nello sport. Così nel 1938 l’Austria, che ha subito l’annessione alla Germania nazista e di fatto non esiste più come nazione, non può schierare nessuna squadra. Anche la federazione svizzera si ritira dalla competizione e i posti liberi vengono presi dalle altre nazioni partecipanti. La manifestazione vede quindi quattro compagini italiane, ungheresi e cecoslovacche, due jugoslave e romene. Il titolo finisce allo Slavia Praga, mentre Genova 1893 e Juventus si fermano in semifinale.
Le vicende belliche mettono in seria difficoltà l’organizzazione del torneo che tuttavia resta in vita, seppur dimezzato nelle partecipanti, nel 1939. Due formazioni italiane, due cecoslovacche, altrettante magiare, una jugoslava e una romena si contendono la tredicesima Coppa dell’Europa Centrale. A spuntarla è l’Újpest, già vittorioso dieci anni prima. Per l’Italia il Bologna giunge in semifinale contro il Ferencváros, poi sconfitto 4-1 e 2-1 nella doppia finale dall’Újpest. Di fatto è l’ultima edizione prebellica. Quella del 1940, infatti, è interrotta prima dell’atto conclusivo. La crisi tra Ungheria e Romania impedisce lo svolgersi della finale tra Ferencváros e Rapid Bucarest in un torneo che ha visto al via solo formazioni magiare, jugoslave e romene. Il periodo d’oro della Coppa Mitropa si esaurisce qui.
Dopo tredici anni il torneo cede all’inevitabile scoppio della Seconda Guerra Mondiale. La Mitropa rinascerà nel dopoguerra, ma non riuscirà più a ritornare agli antichi fasti.
Foto in evidenza: L’Austria Vienna posa con la Mitropa 1933. In piedi: Sindelar, Stroh, Adamek, Billich, Mock, Jerusalem, Seduti: Spechtl, Najemnik, Graf, Nausch, Gall, Molzer, Viertl.
roberto e federico
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[1] Quando inizia la Mitropa il campionato (ancora diviso in due gironi) non è terminato e la finale per decretare la squadra campione d’Italia, tra Bologna e Torino, deve ancora essere disputata. La federazione sceglie quindi di organizzare due spareggi tra le seconde di ciascun girone (Milan e Juventus) e le due squadre ritenute più rappresentative (Ambrosiana e Genoa). La Juventus supera l’Ambrosiana, mentre il Genoa ha la meglio sul Milan soltanto grazie alla monetina.