Quello che le statistiche non dicono. 2° puntata

Una Nazionale che nella fase finale di un grande torneo internazionale non prende mai gol… Quante persone che tifano Italia firmerebbero per averla? Perché, si sa, gli azzurri una rete, prima o poi, riescono sempre a farla.
Al Mondiale del 1990, la squadra, allenata allora da Vicini, era sulla buona strada per riuscire nell’impresa. Aveva, infatti, mantenuto la propria porta inviolata per più di 500′ e il suo portiere, Walter Zenga, aveva anche migliorato il precedente record di imbattibilità nelle fasi finali un Mondiale1.
E poi, dopo tre vittorie per 1-0 e due per 2-0 nelle prime cinque partite, gli azzurri erano in vantaggio con il solito golletto (o gollonzo?2) di Totò Schillaci anche in semifinale contro l’Argentina. Poi, al 67′, la chioma di Caniggia punì un’uscita avventurosa di Zenga, che vide, così, interrompersi a 517′ il suo record di imbattibilità. Il pareggio fu il preludio al non lieto fine: ai rigori passarono Maradona e compagni -che ne realizzarono quattro su quattro-, mentre i tiri di Donadoni e Serena furono intercettati dal portiere albiceleste Goicoechea.

Sarà questione di stile, di differenza tra chiavistelli e catenacci, ma nella vicina Svizzera i tifosi rossocrociati non avrebbero la stessa voglia di sottoscrivere un accordo che garantisca un tranquillo Mondiale senza gol al passivo, perché ci sono già passati e non è servito a molto.
Germania 2006, il ritorno al Mondiale dopo dodici anni consegna agli svizzeri un girone un po’ misterioso, ma abbordabile: Francia, Corea del Sud e Togo gli avversari. Nella prima partita Francia e Svizzera giocano a farsi male, ma non troppo: Frei (palo sugli sviluppi di un calcio piazzato) e Gygax fanno tremare Barthez, Henry grazia Zuberbühler e lo 0-0 alla fine va bene a tutti. Poi arriva il convincente 2-0 sul Togo, firmato Frei e Barnetta, e l’ancor più convincente 2-0 alla Corea del Sud, grazie a tre decisive parate di Zuberbühler e a un gol per tempo (colpo di testa di Senderos che per lo slancio impatta su Choi Jin Cheul e si provoca una ferita al naso, 2-0 del solito Frei in sospetto fuorigioco). La vittoria della squadra guidata da Kuhn aiuta e non poco i transalpini a passare il turno come secondi, ma è meglio così, visto che negli ottavi la Francia ha la Spagna e la Svizzera ha l’Ucraina.

Il problema è che nella fase a eliminazione diretta quanto fatto prima non conta e una difesa impenetrabile non garantisce la qualificazione. Serve il golletto di cui sopra. Nel primo tempo un colpo di testa di Shevchenko e una punizione di Frei fanno vibrare la traversa e questo è triste presagio che di gol se ne vedranno pochi. Non a caso si arriva ai tiri di rigore.
I gol presi dal dischetto non valgono per le statistiche e l’imbattibilità di Zuberbühler (arrivata a 390′) è salva. Il portierone svizzero, a scanso di equivoci, para il rigore iniziale di Shevchenko.
I gol fatti dal dischetto valgono, però, per andare avanti e per i rossocrociati, apparsi più in affanno degli ucraini nell’ultima parte del match, è una débâcle totale: Streller parato, Barnetta traversa, Cabanas parato. I gialloblù, rivitalizzati dal cucchiaio di Milevskiy, segnano tre volte e guadagnano l’accesso ai quarti.

La cosa interessante è che quattro anni non cambiano di molto le cose in casa svizzera. In Sud Africa c’è un allenatore diverso e di grandissima esperienza, Ottmar Hitzfeld, e la difesa appare rocciosa come sempre. Gli elvetici riescono persino a battere 1-0 all’esordio i futuri campioni della Spagna grazie a un rocambolesco gol di Fernandes, ma poi non segnano più. Un gol di Sanchez dà la vittoria al Cile nel secondo match e il terribile 0-0 nella terza partita contro l’Honduras, già eliminato, consegna alla storia un’altra Svizzera che non prende (quasi) mai gol, ma che della sua impenetrabilità difensiva non sa che farsene.

federico

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