Mettiamola così: chi da grande si ritrova a sguazzare con piacere nelle statistiche, ha probabilmente qualcosa da nascondere. Io, per esempio, da piccolo inventavo campionati, con tanto di risultati, classifica giornata per giornata e, dai quindici anni in su, anche marcatori. A volte inventavo anche le nazioni in cui questi campionati si svolgevano, ma questo non è così importante. Il potere di decidere come finivano le partite mi dava una gioia intima, quella di vedere finalmente un sacco di “due”, come si chiamavano le vittorie esterne quando la schedina aveva ancora il monopolio delle scommesse degli italiani. Erano, in particolare, le partite equilibrate che mi piaceva far finire con la vittoria degli ospiti che poi, magari, in casa propria nel girone di ritorno restituivano il favore. Questo perché il calcio italiano all’epoca era davvero avaro di vittorie corsare. Nella C1/B 1984/85, ad esempio, ce ne furono appena quattro tra la 4° e la 17° giornata e solo 23 su 306 partite totali e questo nonostante l’impegno della Nocerina che perse ben sei match tra le mura amiche. La Serie B dell’anno prima si chiuse con 34 su 380 partite, anche qui con la media di neanche un “due” a giornata.

Potete, dunque, capire quanta simpatia avessi maturato proprio nel corso del 1983/84 per la Sampdoria di Renzo Ulivieri, che concluse la stagione di A con uno score di 7-3-5, 5-5-5. No, la bi-zona non c’entra, sono, nell’ordine, vinte-neutralizzate e perse in casa e vinte-neutralizzate e perse in trasferta. Cinque sconfitte in casa più cinque vittorie in trasferta significavano che la Doria aveva partecipato a dieci “due” in trenta giornate, media del 33%, quando, invece, la media del campionato si attestava sul 15% (37 vittorie esterne su 240 partite in totale).
E poi che combine di vittorie esterne di lusso e sconfitte interne inattese e impronosticabili: vittoria 1-2 in casa dell’Inter alla prima giornata e sconfitta 1-2 in casa ad opera della Roma alla seconda; altra partita persa a Marassi 1-2 (Fiorentina, quarta giornata) e nuovo 1-2 addirittura sul campo dei futuri campioni d’Italia della Juventus alla giornata numero 7; vittoria 0-2 ad Avellino, ma sconfitta 1-2 subita a Genova dall’Ascoli; favore restituito a Inter (0-2) e Avellino (0-1) nel girone di ritorno e poi netta vittoria 0-3 al Friuli in casa di un’Udinese senza Zico. Per chiudere all’ultima giornata con il gol dell’ex viola Casagrande che portava in dono il quinto trionfo esterno in quel di Ascoli.

Ammetto che almeno fino al 1991/92, campionato a 18 squadre con 306 partite e 67 sconfitte interne (quasi due per giornata), nonché mitica giornata numero 33 in cui sei partite su nove videro gli ospiti trionfare, ho continuato a nutrire questa passione, anche un po’ più segretamente. Ovvero non mi inventavo più campionati in cui il 50% dei match finiva con vittoria esterna, ma solo il 25-30%. Poi sono arrivati i tre punti e ho capito subito che quel “due” non sarebbe contato più come una volta in cui il pareggio poteva quasi sempre soddisfare entrambe le squadre.
Per questo il Sassuolo 2017/18, 8 sconfitte interne e 7 vittorie esterne, o l’Udinese di quella stessa Serie A, con il suo score di 11 sconfitte interne e 6 vittorie esterne, mi affascinano meno. In un campionato in cui le vittorie esterne sono 133, ovvero 3,5 per giornata, e i pareggi solo 83 è normale avere squadre metà delle cui partite finisce col segno “due”.
Quindi, in chiusura, non resta che tornare a quella Sampdoria e a quell’Udinese che, ad esempio, nel campionato di A 1982/83 regalarono un’altra di quelle cose che a me piacevano tanto: il doppio “due”. I friulani vinsero, infatti, a Marassi 1-3 il 12 dicembre 1982 grazie ai gol di Pulici, Massimo Mauro e Causio; i blucerchiati, invece, stravinsero 0-4 nel match di ritorno, con Trevor Francis scatenato autor di tripletta.

Nota: L’immagine in evidenza è tratta dal Guerin Sportivo n° 18 del 1983

federico