E il football iniziò a chiamarsi calcio. 3° puntata

Avevamo lasciato i discendenti di Romolo e Remo alle prese con il polveroso harpastum per le vie di Roma. Il passatempo, in realtà, si diffuse anche nelle zone di confine, grazie soprattutto al favore incontrato presso i legionari, e coinvolse anche i cosiddetti barbari. È vero, come dice Ghirelli nella sua Storia del calcio in Italia (1954), che il contributo dato dai legionari “ai successivi sviluppi della storia del calcio è stato esagerato dagli scrittori di osservanza fascista per amore di retorica imperiale”, ma non ci sono dubbi sul fatto che i Britanni ad harpastum avevano imparato a giocare. Tanto che si ha notizia di una partita “ufficiale”, una specie di match internazionale tra legionari conquistatori e autoctoni disputato nel 276 d.C. in Britannia e vinto uno a zero dai Britanni. La notizia è citata proprio da Ghirelli, il quale non fornisce ulteriori precisazioni sul luogo o sulle fonti.

Un'illustrazione della partita internazionale Scozia-Inghilterra (30/11/1872) (da wikipedia)

Un’illustrazione della partita internazionale Scozia-Inghilterra (30/11/1872) (da wikipedia)

Calma. Nessuna euforia. Per un nuovo match internazionale occorreranno altri 1596 anni. Per ritrovare notizie di giochi con la palla che potrebbero avere qualcosa a che fare con il moderno football bisogna invece aspettare “solo” qualche secolo.
Al tempo di Guglielmo il Conquistatore, ad esempio, era praticata in Normandia e Bretagna la soule. Si giocava con una palla di piccole dimensioni ed era particolarmente violenta, quindi un gioco non molto dissimile da episkyros, harpastum e dall’hurling the silver ball della Cornovaglia. Quest’ultimo gioco potrebbe anzi essere la stessa soule importata dai conquistatori normanni, visto che nel 1283 un tale Roger della Cornovaglia fu accusato di aver ucciso con una pietra un ragazzo che si stava dedicando proprio al passatempo normanno.

Va però detto che un’altra forma di hurling, detta non a caso over country, si diffuse nel sud della Gran Bretagna. Il gioco vedeva coinvolti interi villaggi, che in particolari giorni dell’anno si disputavano il possesso di una piccola palla d’argento. In tali occasioni il terreno di gioco poteva essere l’intero territorio della comunità ospitante e le partite potevano durare anche giorni.
Un gioco simile, detto cnapan, si praticava (e si è continuato a giocare fino al XIX secolo) anche in Galles, le cui tradizioni di giochi con la palla potrebbero essere addirittura antecedenti al IX secolo, come si afferma nell’Historia Brittonum, attribuita al monaco Nennio.

Insomma, un vero florilegio di giochi, molto simili tra loro, caratterizzati da una dimensione più ludica che agonistica (nonostante la loro violenza) e così legati al territorio in cui si erano sviluppati che solo il contatto con una complessa stratificazione sociale, quale quella che si andava formando nelle città, avrebbe potuto alla lunga farli evolvere in veri e propri sport. Il tutto avvenne probabilmente in due mosse.
Il progressivo spostamento del centro della produzione portò, innanzitutto, a rinfoltire le città di gente che proveniva dai villaggi e che recava con sé tutta una cultura a cui i giochi come l’hurling o lo cnapan non erano affatto alieni. Questi football game rimasero per un po’ confinati alle passioni pubbliche (e avversate dai regnanti) dei ceti bassi e a quelle private dei ceti alti e della loro servitù.

Declaration of Sports (1618) (da http://www.adamghooks.net/)

Declaration of Sports (1618) (da http://www.adamghooks.net/)

Quando poi nel 1618 Giacomo I fece decadere ogni divieto con la sua Decleration of Sports, i football game si aprirono anche alle altre classi sociali. E a inizio XIX secolo sbarcarono anche nelle public schools, a cui di public nel frattempo era rimasto ben poco. Nate, infatti, come charity school per permettere alle persone indigenti di avere un minimo di educazione, le public school erano diventate a poco a poco il grimaldello usato dalla borghesia in ascesa per togliere alla chiesa e ai nobili il monopolio sull’istruzione. Eton, Rugby, Harrow, Westminster  erano ormai frequentate dai rampolli della upper middle class che pagava rette onerose per la loro istruzione. Proprio mentre nei grandi Stati europei si ricominciava a parlare dell’importanza del fisico, perché per servire bene la patria (e chi la guidava economicamente e finanziariamente) il corpo e non solo la mente dovevano essere disciplinati.

E visto che l’Inghilterra vittoriana era una potenza marittima che basava la sua egemonia sul commercio, in essa si poté sviluppare una cultura del corpo senza cadere direttamente in logiche militariste.[1] Così nelle public school si facevano poche attività ginniche e molto tempo era dedicato a giochi di squadra come i football game, che si incanalavano perfettamente nel sistema per una serie di motivi: erano utili a cementare il gruppo, stimolavano la competizione tra scuole rivali e, soprattutto, opportunamente dotati di un codice di regole, quello che oggi chiameremmo fair play, fungevano da strumento di controllo sociale. Uno dei principali artefici di questo assorbimento passato per innovazione fu Thomas Arnold, preside a Rugby dal 1828 al 1841, nonché fervente anglicano. 

La nascita dei primi regolamenti è quindi figlia di quella necessità, tipica dello Stato borghese, di normare, di regolamentare per distinguere in ogni campo ciò che è buono, utile, sano, lecito da ciò che è cattivo, illegale e dannoso per la società o, meglio, per chi la dirige.
Se a questo aggiungiamo che la scoperta del processo di vulcanizzazione della gomma consentì alle industrie inglesi di cominciare a produrre sin dalla seconda metà dell’Ottocento palloni dotati di camera d’aria e che la potente flotta commerciale permise l’esportazione dei nuovi sport e dei materiali necessari, ne viene fuori un mosaico da cui si comprende perché gli sport con la palla così come li pensiamo oggi non possono che essere considerati i discendenti dei football game giocati nelle public school.

L’exploit di William Webb Ellis del 1823 a Rugby è universalmente riconosciuto come l’evento che sancì la nascita per separazione di football rugby e football association. Contro le leggende non si può far nulla, ma l’idea che una storia millenaria di un fenomeno sociale come il football possa essere influenzata da un unico gesto è semplicistica e un po’ mistificatoria. La cosa che conta davvero è che tra il 1846 e il 1848 si buttarono giù i primi regolamenti dei due sport e, almeno per quanto ci riguarda, che nel 1857 nacque lo Sheffield Football Club. La nascita della Football Association nella Free Masons’ Tavern e, con essa del football moderno, sarebbe seguita di lì a poco.

federico

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[1] Cfr. Sbetti, Giochi di potere, 2012, pag. 9