Il seguente articolo è tratto dal secondo dei due podcast che la redazione de La Fascia Sinistra, riunitasi per l’occasione, ha realizzato in collaborazione con lautoradio.org per Parole fuorigioco, il podcast di Odiare non è uno sport, progetto a cura di Radio Sherwood. Qui il link al primo articolo.
Nella prima puntata ci siamo soffermati su quanto di brutto ci ha offerto il mondo del calcio di alto livello negli ultimi anni, mettendo in evidenza come anche le (non) decisioni prese da singole società contro un giocatore reo di violenza domestica e/o stupro non siano mai state preludio:
- a una riflessione collettiva sul perché della frequenza con cui questi casi accadono;
- a una presa di posizione significativa da parte dei vertici istituzionali, men che meno della stampa;
- a un’azione comune per la prevenzione.
Vedi il caso Mason Greenwood: nessuna condanna esplicita da parte della UEFA e problema “risolto” dal Manchester United parcheggiando l’attaccante altrove (Spagna, prima, Francia, dopo).
In questa seconda parte, vogliamo innanzitutto far notare come il problema sia molto più generale. Ad esempio, se rimaniamo nel mondo del pallone nostrano e scendiamo di categoria, ecco la storia di quei tre calciatori sardi trentacinquenni, o giù di lì, che hanno abusato di una atleta paralimpica nel febbraio 2022 e si son presi cinque anni dal GUP di Roma. C’è stata, poi, nel giugno 2024, la condanna, per violenza sessuale, di due giocatori del Livorno, tra cui Mattia Lucarelli, che il padre (Cristiano Lucarelli, ex attaccante dei labronici, ma ai tempi della A) ha definito novello Enzo Tortora per l’ingiustizia subita (!). Del resto, viviamo nel Paese in cui il fondatore di un partito ha usato la propria visibilità per difendere il figlio da un’accusa di stupro, urlando «arrestate anche me!».
Ma anche rivolgendo lo sguardo a ciò che avviene nel mondo degli altri sport, la situazione non cambia molto. A inizi luglio due rugbisti francesi di 21 anni (Hugo Auradou e Oscar Jegou) sono stati arrestati in Argentina, perché accusati di violenza sessuale nei confronti di una donna 39enne. I due erano lì per una serie di Test Match con la loro Nazionale e sono stati trattenuti in carcere più di un mese. E c’è chi ha legato questa severità nel trattamento dei due giovani ai “problemi” emersi tra argentini e francesi a seguito del video virale di Enzo Fernandez in cui si vedevano e sentivano i giocatori della Nazionale argentina di calcio cantare nel proprio spogliatoio un coro razzista nei confronti di Mbappé e compagni.
Ad ogni modo, i due rugbisti sono tornati in Francia e già si parla negli articoli del Figaro a riguardo di “presunta vittima”, “racconti confusi” e “annoso problema del consenso”.
Dal Canada, a febbraio 2024, è, invece, rimbalzata la notizia che cinque giocatori pro di hockey su ghiaccio sono stati incriminati per abusi sessuali. I fatti risalgono al 2018, quando in Ontario era in pieno svolgimento il Mondiale giovanile. Il dibattimento ha attraversato varie fasi e la cosa peggiore emersa è che la federazione canadese aveva un proprio fondo, chiamato National Equity Fund, che è stato parzialmente usato per insabbiare casi di miscondotta sessuale da parte dei suoi atleti.
A proposito di sport pro nordamericani, altrettanto esemplare in fatto di comportamento dei vertici sportivi, è quanto fatto dalla NBA nel gestire la questione Miles Bridges: già la condanna del giocatore degli Charlotte Hornets a soli tre anni di libertà vigilata per (mai negati) maltrattamenti sulla moglie dovrebbe far riflettere, ma è davvero allucinante la decisione della NBA di squalificarlo per sole 30 partite, cosa che gli ha permesso di tornare in campo nel novembre 2023, a un anno e mezzo dall’arresto.
Il caso Chris Horner, da venti anni a capo del team di Formula 1 della Red Bull, è, infine, la cartina tornasole delle attenzioni, delle pressioni psicologiche cui sono sottoposte le donne dai propri superiori in tanti posti di lavoro e che rischiano di sfociare in vere e proprie molestie. Dopo un po’ di rumors girati a inizio anno, nel febbraio 2024 la Red Bull Racing ha, infatti, confermato che Horner era sotto inchiesta perché accusato di “comportamento inappropriato” da una sua dipendente. Dall’indagine interna -iter simile a quello seguito dal Manchester United nel caso Greenwood- non è spuntato fuori nulla di anomalo e Horner è sempre lì, ai box e sulle griglie di partenza, a parlare di pole position, vittorie e sconfitte come prima, come se nulla fosse.
Si potrebbe andare avanti, basterebbe fare qualche ricerca sul web per apprendere che anche attori principali di questo o quell’altro sport sono stati coinvolti in casi simili. Ma non è questo il punto. La cosa da sottolineare è che non siamo di fronte a una “multinazionale dello stupro” che ha come obiettivo quello di inquinare il mondo dello sport a tutti i livelli e a tutte le latitudini. Gli episodi citati sono tutti a sé stanti, eppure li lega un filo comune, lo stesso filo che li lega alle tante notizie di violenza domestica o sessuale che le agenzie di stampa e i media riportano giornalmente. Tutti questi casi di sportivi indagati o condannati per reati contro le donne, sono il riflesso della cultura dello stupro, che opera a livello sistemico e permea ancora in modo evidente la nostra società.
Lo sport -ahinoi- non può esserne al riparo. Anzi, per la sua stessa natura di attività che esalta le prestazioni del corpo, è fortemente a rischio in quanto soggetto alle rappresentazioni socio-culturali a questo connesse: là dove ci sono muscoli, dove c’è uno sfoggio di grande forza o di estrema potenza, il patriarcato di cui siamo imbevuti legge “maschile”, indipendentemente dal genere di chi sta producendo il gesto atletico in questione, e, quindi, “virile”. Vedi il coro su Lukaku superdotato che i tifosi del Manchester United dedicarono a suo tempo al belga. E la virilità va difesa, mostrata, ostentata dentro il campo, ma non è poi facile liberarsi da questo modo di pensare quando si è fuori.
Come poi lascia intuire il caso del team principal della Red Bull, lo sport per molte persone è anche ambiente di lavoro, luogo in cui si intessono relazioni interpersonali e, come tale, è soggetto al modo in cui chi ricopre ruoli apicali percepisce se stesso. E anche qui uscirne non è facile, se la società veicola l’idea che il buffetto sul sedere di qualsiasi donna a tiro sia un diritto di chi ha il potere e che chi il buffetto lo riceve lo deve considerare un attestato di stima e non una molestia.
Ad ogni modo, almeno per quanto riguarda le molestie in pubblico o sul lavoro, denunciare e avere risultati tangibili non è facile, ma non impossibile, come ci ha mostrato il caso Hermoso-Rubiales nell’autunno 2023. Storia che abbiamo lasciato in chiusura anche per lasciare un senso di speranza.
Durante la premiazione delle giocatrici della Spagna, che avevano appena vinto il Mondiale femminile di calcio, l’allora presidente della federazione iberica Rubiales abbraccia e dà un bacio in mondovisione alla numero 11, Jenni Hermoso. Lei denuncia l’accaduto e chiarisce che non era consenziente; lui si difende, come se il bacio fosse stato un suo diritto e prova a sminuire la questione, spalleggiato da altri in federazione; molte delle calciatrici neo-iridate minacciano di abbandonare la Nazionale se Rubiales non verrà cacciato e non si faranno altri cambi in federazione; e alla fine Rubiales è costretto a farsi da parte.
federico e daniele
Nell’immagine in evidenza: Agosto 2023, manifestazioni di solidarietà a Jennifer Hermoso