A Venezia il 24 gennaio 1999 c’è un po’ di nebbia. La partita col Bari sta scivolando sull’1-1 grazie ai gol di Pippo Maniero e De Ascentis, quando al primo minuto di recupero i neroarancioverdi hanno una punizione a favore dalla sinistra. Cross e la testa dell’appena entrato Moacir Bastos Tuta manda il pallone in rete. Seconda rete in A per il ventiquattrenne brasiliano, che mangia molta panchina perché Alvaro Recoba non si discute. I tifosi che hanno immaginato più che visto esultano. I compagni di Tuta, che invece hanno visto tutto, rimangono freddi e non sembrano accogliere con la dovuta gioia il gol che vale tre punti. C’è chi vede capitan Luppi mettersi le mani nei capelli e chi sente il barese De Rosa complimentarsi ironicamente col brasiliano nel tunnel degli spogliatoi dove i microfoni di Telepiù sono pronti a captare qualsiasi umore dei protagonisti. La sensazione che il pareggio fosse concordato e che Tuta abbia rotto le uova nel paniere è così grande che i giornali e TV non possono esimersi dal buttarsi a capofitto sulla notizia.
Parole, analisi e inevitabili sermoni hanno come risultato l’apertura di un’indagine da parte della Procura Federale, invitata essenzialmente a stabilire se c’era stato una vera e propria combine tra le società per il pareggio o solo un accordo più o meno tacito tra i protagonisti in campo. L’indagine non dura tanto, le immagini non possono da sole mostrare l’illecito, Tuta (o forse il suo interprete) ritratta in sede processuale e non accusa apertamente Maniero come fatto dalle colonne della Gazzetta dello Sport. Così il tutto viene archiviato con una pacca sulla spalla alle due società e il deferimento di qualche giocatore barese. Tra questi Gionatha Spinesi che Telepiù ha colto mentre consiglia a De Rosa: “Spaccagli i denti a quella testa di cazzo”.

Gongola probabilmente il giornalista Marco Bernardini, che a fine gennaio ha scritto su Tuttosport: “[è stato] solo un gioco non riuscito perché uno dei bambini non ha fatto mente locale sul fascino della trasgressione e si è, invece, lasciato trasportare dall’istinto.” E naturalmente l’avventura al Venezia per il bambino Tuta, l’unico vero colpevole (o fesso?) dell’intera faccenda, è ormai segnata. A fine stagione è pronto il biglietto di ritorno per il Brasile e per una carriera che non lo riporterà più agli onori delle cronache, se non per un altro problema con la giustizia, stavolta non sportiva. Nell’aprile del 2012 verrà prelevato dal centro di allenamento della União Barbarense e condotto in prigione per non aver pagato gli alimenti alla moglie. Liberato già il giorno seguente riuscirà a tornare in tempo per giocare e segnare contro l’Atletico Sorocaba. Un altro finale degno di una farsa.

federico