La pratica di raccogliere fondi organizzando ad hoc incontri di calcio è molto antica e in Italia se ne vedono esempi già nel primo decennio del secolo scorso, ma -per quanto mi riguarda- è come se il tutto fosse stato  “inventato” il 25 febbraio 1981, per due motivi: perché sentivo particolarmente vicino il tragico evento che aveva spinto la Federcalcio a organizzare per quella sera un match di beneficenza e perché quello stesso tragico evento, nel momento stesso in cui era accaduto, si era irrimediabilmente legato al calcio nella mia memoria di bambino.

Quando, infatti, alle 19:34 del 23 novembre 1980 la terra comincia a tremare in Irpinia, Lucania e di riflesso in tutto il Sud Italia, io e mio padre stiamo guardando sulla Rete Uno la “Cronaca di un tempo di una partita di Serie A”, ovvero quei quaranta minuti di palinsesto che la Rai, dopo la messa in onda di Novantesimo Minuto, regala alla partita clou della domenica calcistica, quella sera Juventus-Inter. Nel momento in cui il grande specchio accanto alla televisione comincia pericolosamente a muoversi, il nerazzurro Ambu è appena entrato o forse ha già segnato l’inutile gol del 2-1, non so dirlo con precisione. Di certo mi ricordo che in un attimo la paura fa svanire tutta la mia concentrazione e mi ritrovo in braccio a mio padre sotto l’architrave della porta.

La lontanza dall’epicentro salva casa, stanza e specchio e così tre mesi dopo siamo di nuovo lì, io, mio padre e il calcio in tivvù. Questa volta la partita teletrasmessa è Italia-Selezione Europea. È un’amichevole, ma è stata messa su dalla Federcalcio per raccogliere fondi per chi durante i novanta secondi della scossa del 23 novembre ha perso tutto e questo mi fa sentire in dovere di vederla. O almeno di cominciare a vederla, perché il giorno dopo ho scuola e non arriverò oltre il primo tempo.
A dire la verità il tempo uggioso e gli spalti dell’Olimpico vuoti e freddi non sono un bel vedere, un qualcosa in grado di generare quell’empatia di cui probabilmente vado in cerca, io che ho ancora negli occhi l’immagine dello specchio che trema. Ci sono, infatti, solo dodicimila paganti e il pomeriggio piovoso non può bastare come scusa.
In campo la Nazionale di Enzo Bearzot schiera, Bettega a parte, tutta gente che da lì a un anno e mezzo diventerà campione del mondo, la Selezione Europea guidata dal ct tedesco Jupp Derwall è, invece, una collezione di stelle che hanno risposto presente alla convocazione per motivi benefici, ma che non hanno mai giocato insieme. Eppure sono proprio questi ultimi a sembrare più squadra, a impegnarsi a fondo e a dare un senso al match. Il risultato finale dice 0-3, le reti le mettono a segno il danese Allan Simmonsen che, dopo un bel sinistro di Hansi Müller, si avventa sul pallone respinto da Zoff e mal controllato da Gentile; lo jugoslavo Vadim Halilhodžić, il cui destro a scavalcare su punizione batte il subentrato Bordon; l’inglese Woodcock dopo rapido contropiede Müller-Zamora.
L’Olimpico applaude gli avversari e la serata si chiude così. Ma, come detto, io sono già a dormire da un po’ e le giocate di Müller e Halilhodžić me le racconterà l’indomani mio padre.

federico

Nella foto: contrasto di gioco tra Fulvio Collovati e Nenad Stojković