Giusto una settimana prima al Barcellona aveva fatto visita la Pro Vercelli. Benché la stagione alle spalle fosse stata una delle più confuse e complesse della storia del calcio italiano, i bianchi piemontesi potevano a ben diritto recarsi in terra catalana da campioni nazionali: si erano, infatti, imposti nel campionato organizzato dalla scissionista C.C.I., quello che, tra l’altro, aveva attratto le migliori compagini del lotto.
In Italia erano arrivate delle notizie contraddittorie sul risultato del match amichevole, poi qualche indagine in più aveva chiarito che gli incontri erano stati due: il 16 settembre 1922 i blaugrana padroni di casa avevano vinto 5-0, il giorno dopo 3-1. Insomma, al di là dei soliti distinguo («nel primo incontro i vercellesi stanchi del viaggio…» e «il giorno dopo […] il Barcellona riusciva a vincere […] con due calci di rigore concessi con troppa leggerezza dall’arbitro»1), le cose non erano andate un granché.
Ci sta, quindi, che il 27 settembre la stessa Gazzetta ammettesse che il Barcellona «aveva con relativa facilità disposto della nostra Pro Vercelli», anche perché da Les Corts era appena passato lo SpVgg Fürth, che nella stagione successiva avrebbe vinto il campionato bavarese e si sarebbe poi fermato in semifinale nella fase nazionale. Ebbene, i biancoverdi tedeschi avevano perso di misura il primo incontro ed erano riusciti a contenere «gli attacchi incessanti della linea avversaria» il giorno dopo, chiudendo l’incontro a reti inviolate2.

Il trafiletto di calcio internazionale si chiudeva, però, in modo inaspettatamente polemico, perché scritto in corsivo (e, quindi, immaginiamo aggiunto in redazione a margine del resoconto inviato da Barcellona) si poteva leggere:

Il match nullo strappato dalla forte compagine germanica […] mette in luce l’eccezionale valore delle squadre germaniche che a torto sono tenute ancora lontane dai nostri campi di giuoco e acuisce il desiderio di vederle presto all’opera. A quando una decisione della F.I.F.A. decisa in materia?

Pur avendo l’aspetto di un qualcosa attinente il solo mondo dello sport, la considerazione nascondeva questioni di politica internazionale e decisioni prese dalle nazioni uscite vincitrici dalla Prima guerra mondiale a danno di quelle dichiarate sconfitte. La Germania non aveva, infatti, potuto partecipare nel 1920 alla prima Olimpiade del dopoguerra proprio perché ritenuta tra le responsabili del conflitto che aveva insanguinato l’Europa. Tra l’altro, il CIO aveva assegnato la manifestazione ad Anversa, simbolo di quel Belgio che, nonostante la dichiarata neutralità, era stato invaso proprio dall’esercito tedesco nell’estate del 1914.
Ora, va però osservato che lo stesso CIO aveva dovuto usare una sorta di bispensiero orwelliano per poter far fuori dal consesso olimpico i tedeschi e poter allo stesso tempo continuare a sostenere l’indipendenza dello sport dalla politica3. Le federazioni internazionali degli altri sport si erano adeguate, determinando una sorta di emarginazione dello sport tedesco. La FIFA, in particolare, non aveva formalmente escluso la Germania, ma visto che l’unica manifestazione fin lì (co-)gestita dal massimo organismo internazionale era stato il torneo olimpico di Anversa, la differenza era ben poca: dal 1920 al 1922 per i tedeschi in tutto nove incontri amichevoli, quattro e tre, rispettivamente, con le altre emarginate Austria e Ungheria, uno con la Svizzera, il primo match in assoluto del dopoguerra per la Mannschaft, e uno in Finlandia.

Insomma, facendo le dovute proporzioni, quella richiesta di prendere «una decisione […] decisa», mossa alla FIFA dalla rosea, suonava nel settembre 1922 come suonerebbe a fine 2022 un invito a reintegrare la Russia, magari già dalle qualificazioni per il successivo Europeo. Ad ogni modo, la Nazionale italiana diede da lì a pochi mesi un forte segnale in merito: il 1° gennaio 1923 all’Arena di Milano andò in scena il primo match ufficiale tra azzurri e tedeschi4. Certo, il fatto che nel frattempo al potere a Roma era stato preso da Mussolini e dai fascisti, va considerato evenemenziale: a inizio 1923 in Germania c’era ancora la cosiddetta Repubblica di Weimar. Ma un presagio di quanto sarebbe accaduto da lì a qualche anno è difficile non vederlo.

Articolo redatto in collaborazione con il progetto #notiziesportivediunsecolofa di Nicola Sbetti, la rassegna stampa che racconta lo sport con un secolo esatto di ritardo. 

Immagine in evidenza: Particolare della copertina de La Domenica del Corriere, 14-21 gennaio 1923. Il disegno è relativo al match Italia-Germania