Il Calcio alle Olimpiadi. 7° puntata: Anversa 1920, il torneo per l’argento

“The Olympic Games are for the world and all nations must be admitted to them.” Il dettame di De Coubertin è chiaro e fa capire come la geografia sportiva non debba ciecamente uniformarsi a quella politica e proprio per questo Finlandia e Boemia hanno potuto partecipare alle Olimpiadi prima ancora di essere nazioni. Quello stesso dettame, però, rischia di diventare un boomerang al momento della ripresa dell’attività dopo la Grande Guerra perché i britannici non ne vogliono sapere di sfidarsi a chi salta più in là o a chi nuota più veloce con chi quella guerra l’ha persa. Così, nella riunione di Losanna dell’aprile 1919, il CIO sancisce che solo le nazioni rappresentate nel CIO stesso possono partecipare e, guarda caso, i membri provenienti dagli Imperi centrali sono stati recentemente espulsi. Evidentemente, tutte le nazioni hanno uguale diritto a partecipare, ma alcune hanno un diritto ancora più uguale di estrometterne altre: lo sport e l’olimpismo si consacrano, qualora ce ne fosse ancora bisogno, come potente terreno politico in cui le alleanze contano.

In questo clima di guerra non ancora finita si apre nell’agosto del 1920 la VII Olimpiade. Anche la sede scelta è simbolica: Anversa, città di quel Belgio che, pur se neutrale, è stato invaso e distrutto dai tedeschi. Nonostante l’esclusione di Austria, Germania, Bulgaria, Turchia e Ungheria e la “perdita” della Russia zarista, non rimpiazzata dalla neonata URSS, in Belgio sono 29 la nazioni rappresentate, una in più di quanto accaduto a Stoccolma otto anni prima. Anche il torneo di calcio vede una crescita di iscrizioni, da 11 a 14, anzi addirittura a 16 se contiamo Svizzera e Polonia.[1]
C’è la Gran Bretagna bi-campione in carica, nonostante la sua recente uscita dalla FIFA che, a differenza del CIO, non ha voluto escludere le nazionali dei paesi sconfitti. Gli inglesi, come sempre rappresentati da una squadra amateur, fanno però poca strada e incassano dalla Norvegia agli ottavi la prima sconfitta in un torneo internazionale. C’è anche l’Egitto, in assoluto la prima nazionale extra-europea a partecipare a un torneo sotto egida FIFA. Tocca agli azzurri saggiarne la consistenza all’esordio. Ne esce un 2-1 per l’Italia, che, a leggere le cronache, pare non renda giustizia al gap tra le due squadre. Gli egiziani, comunque, non se andranno via a mani vuote e batteranno 4-2 la Jugoslavia in un match amichevole giocato il giorno dopo la finale per l’oro, forse per riempire il programma.[2]

La Spagna; Zamora è il terzo da sinistra, Samitier è il quinto da sinistra, Aranzadi è il giocatore col copricapo

La Spagna; Zamora è il terzo da sinistra, Samitier è il quinto da sinistra, Aranzadi è il giocatore col copricapo

Come nell’edizione precedente, infatti, la partita che assegna il titolo non è l’ultima a esser giocata in ordine tempo, perché c’è un secondo torneo che definire di consolazione è riduttivo, visto che stavolta assegna argento e bronzo. Seguendo la logica del sistema Bergvall, il tabellone è organizzato come segue: le quattro squadre eliminate ai quarti si scontrano tra loro finché non ne resta soltanto una, che sfida quindi le nazionali che hanno perso in semifinale e finale contro la vincitrice. Sistema decisamente complesso e terribilmente non omogeneo visto che lascia fuori dai giochi per le medaglie la Francia, sconfitta nella semifinale del torneo principale, mentre ripesca l’Italia, eliminata proprio dalla Francia ai quarti.[3]

Ad ogni modo, sul secondo gradino del podio sale la debuttante Spagna, che annovera tra le sue fila il leggendario portiere Ricardo Zamora, l’allora diciannovenne Josip Samitier, che diventerà bandiera del Barcellona e segnerà più di 300 gol in maglia blaugrana, e il piccolo grande Rafael Moreno Aranzadi, in arte El Pichichi.
Gli spagnoli, dopo aver perso ai quarti col Belgio, battono nell’ordine Svezia, Italia e Olanda. Agli orange restano la gioia di aver fatto fuori 5-4 la Svezia ai quarti nel match più emozionante del torneo, l’amarezza della semifinale persa 3-0 col Belgio e la certezza del terzo gradino del podio, occupato per la terza Olimpiade consecutiva.

Il quadro a questo punto sembra completo. Manca solamente il tassello più importante, raccontare delle due finaliste, Belgio e Cecoslovacchia, e della controversa finale.

federico

Puntata precedente: L’Olimpiade militare del 1919 e il momento della Cecoslovacchia; Puntata successiva: Basta, ce ne andiamo!
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[1] La Svizzera, avversaria della Francia negli ottavi, si ritira. La Polonia, avversaria del Belgio, non arriva proprio.
[2] Come chiarisce rsssf.com, Egitto-Jugoslavia è certamente una partita non ufficiale visto che gli slavi a fine primo tempo effettuano una sostituzione, cosa vietata nelle partite che assegnano le medaglie
[3] Usiamo qui la ricostruzione proposta dal sito rsssf.com. Da notare che la formula usata risulta ancor meno chiara perché due delle nazionali sconfitte dai belgi vincitori di fatto non partecipano al torneo che assegna l’argento: la Polonia, che neanche arriva, e la Cecoslovacchia, che è squalificata dopo la finale