La narrazione del calcio al tempo delle narrazioni – 7° puntata: La narrazione delle donne nello sport 

La sera dell’8 giugno 2018 la Nazionale italiana femminile di calcio batte quella portoghese e conquista il diritto a partecipare al Mondiale che si terrà in Francia nell’estate del 2019. Un traguardo storico, perché sono venti anni che le azzurre mancano dalla fase finale della competizione iridata; un successo di notevole valore simbolico, perché arrivato a pochi mesi dalla anti-impresa realizzata dai ben più celebri colleghi maschi, eliminati nella fase di qualificazione di una Coppa del Mondo come solo nel 1958 era accaduto; una rivincita nei confronti di gente come Felice Belloli, ex presidente della Lega Nazionale Dilettanti (e, quindi, diretto responsabile del settore femminile), che nel maggio 2015 aveva dichiarato qualcosa tipo:

Non si può sempre parlare di dare soldi a queste quattro lesbiche

Quell’8 giugno è un venerdì e non ci sono stati altri eventi calcistici degni di nota, mentre nel pomeriggio Cecchinato, il primo italiano semifinalista al Roland Garros dopo tempo immemore (40 anni), si è dovuto arrendere in tre set all’austriaco Thiem.
Pertanto, sono almeno due le cose importanti, sportivamente parlando, accadute il giorno innanzi. Eppure il 9 giugno, in prima pagina, La Gazzetta dello Sport, il quotidiano sportivo più diffuso e più importane d’Italia, apre col titolone «Maurito. Safari d’oro», e sottotitolo «Proposti 6,3 milioni a stagione […] Contratto fino al 2023. Ma Wanda…». La rosea si riferisce alla proposta di rinnovo fatta dall’Inter all’attaccante Mauro Icardi, in quel momento in vacanza in Africa con la procuratrice nonché moglie Wanda Nara, che, a quanto si lascia intendere, non sembra essere pienamente soddisfatta. Nelle finestre laterali notizie varie su Milan, VAR e diritti tv del campionato di Serie A, poi finalmente, in taglio basso, un richiamo al successo della Nazionale femminile e alla semifinale persa da Cecchinato.

Citandole non necessariamente in ordine di importanza, possiamo notare le seguenti caratteristiche nel modo in cui la Gazzetta “informa” i lettori e, quindi, narra lo sport:
– la non presenza in primo piano delle informazioni relative a eventi sportivi;
– la contemporanea tendenza a considerare notizia qualsiasi cosa riferibile al grande campione o alla grande squadra, strizzando di fatto l’occhio al gossip;
– la subalternità degli altri sport al calcio;
– la subalternità assoluta del calcio al femminile rispetto a quello dei colleghi maschi, tanto che la vacanza di un bomber vale più di una qualificazione mondiale;
– il modo non professionale con cui la rosea si riferisce alla procuratrice di Icardi, indicata solo col suo nome di battesimo, che rimanda alla sua attività principale (modella);
– il modo subdolamente sessista con cui si trasmette al pubblico l’idea che, se Icardi lascerà i nerazzurri o avrà un ingaggio ancor maggiore, è solo colpa di «Wanda», anche se giocare al rialzo o sondare le intenzioni di altri club fa parte del suo ruolo di procuratrice.

Di fronte alla scelta di non dedicare il titolo d’apertura al match di tennis o alla partita di calcio femminile, c’è l’attenuante che, ormai, chiunque, ovunque si trovi, può seguire tramite smartphone, tablet o computer l’evolversi di un qualsiasi evento sportivo, anche attraverso le pagine dedicate dai siti di tutte le testate giornalistiche (anche quelle non specializzate) agli aggiornamenti live delle competizioni in corso. La versione cartacea del quotidiano, che esce in edicola il giorno dopo, non ha più la funzione di elemento sostitutivo che, come visto, ne ha favorito la diffusione nel corso del XX secolo. O, meglio, non è sulla curiosità da parte di chi legge di sapere come si è svolto o come è andato a finire il tal evento che si può costruire una strategia di vendita.
Il problema, però, è come si sostituisce quello spazio sottratto agli eventi veri e propri, che qualità e che portato sociale hanno le notizie, o presunte tali, con cui lo si riempie. E, soprattutto, come viene sostituito quello spazio che andrebbe destinato allo sport al femminile e come, di contro, si parla delle donne che orbitano, ad esempio, attorno al mondo del calcio.

Nel maggio del 2019, nella sede della Federazione nazionale della Stampa italiana, è stato presentato il documento Media, Donne, Sport: idee guida per una diversa informazione, a cura della UISP e di GIULIA Giornaliste1 e crediamo che nulla meglio di questo manifesto è in grado di spiegare come si narra adesso nei media mainstream e come, invece, andrebbe narrato lo sport al femminile (e non solo). 

Per un racconto giornalistico attento, corretto e consapevole è necessario superare pregiudizi, attenendosi a poche regole di buon giornalismo. In primo luogo informare sulle discipline sportive femminili con competenza di merito: scrivere delle atlete nello stesso modo in cui si scrive degli atleti. Quindi evitare di soffermarsi su aspetto fisico, look o relazioni sentimentali, non più almeno di quanto si scriva dell’aspetto tecnico, delle prestazioni, dell’impegno. Nelle immagini non focalizzarsi su singole parti del corpo in modo ammiccante.

Occorre inoltre dare alle discipline sportive femminili visibilità al pari di quelle maschili in termini di spazi e, a partire dalla programmazione pubblica tv e radio, di collocazione oraria. Impegnare gli editori a coinvolgere più giornaliste e commentatrici nelle redazioni sportive. Declinare al femminile funzioni e cariche: ad esempio l’arbitra, la dirigente, la coach, l’allenatrice. Evidenziare le discriminazioni e differenze di genere nello sport riguardo ai compensi sportivi, il valore dei premi e dei benefit, le tutele per le atlete, la scarsa rappresentanza nelle dirigenze.

 

puntate precedenti: Ma che vuol dire narrazione?Enfasi a mezzo stampaAnche lo sport ha una sua storiaNessun giorno senza calcio, Calcio moderno, antimodernismo e nostalgia, Narrazioni tossiche e contromisure