Personaggi in cerca d’autore. 29° puntata: Bill Shankly
Chi lo aveva incontrato quando era ormai alla fine della sua carriera da calciatore, di Bill Shankly ricordava la voglia di parlare anche fuori dal campo e a lungo di pallone. Facile, dunque, prevedere un futuro da manager per quello scozzese classe 1913 che aveva fatto per alcuni anni il minatore prima di potersi interamente dedicare al football professionistico, al pari dei suoi quattro fratelli, e che con la maglia del Preston North End, indossata dal 1932 al 1949, aveva vinto una FA Cup.
Eppure a dieci anni di distanza dalla prima volta che si era seduto in panchina quel salto di qualità non c’era ancora stato. Carlisle, Grimsby, Workington non erano state esperienze felici. Con l’Huddersfield, curiosamente la squadra sconfitta dal suo Preston nella finale di FA Cup del 1938, stava andando meglio. Shanks era lì dalla fine del 1956 a divertirsi, a far divertire (storica una sconfitta 7-6 subita a Charlton) e a lanciare giovani in prima squadra, vedi Denis Law, scozzese come lui e futura stella del Manchester United, o Ray Wilson, che invece sarebbe diventato campione del mondo con l’Inghilterra nel 1966. Il club, però, continuava a navigare a metà classifica della Second Division e la dirigenza non sembrava avere particolari ambizioni.
Per questo, quando nell’autunno del 1959 il Liverpool si fece avanti, Shankly non ci pensò due volte e, dopo averlo battuto 1-0 il 28 novembre in campionato, si spostò ad Anfield Road. Già, perché i reds non alzavano un trofeo dal 1947, quando per la quinta volta si erano laureati campioni d’Inghilterra, non avevano ancora mai vinto una FA Cup, né tanto meno una coppa europea e dal 1954 languivano in Second Division. Anzi, proprio un 5-0 rimediato la stagione precedente in casa dell’Huddersfield aveva convinto il presidente Tom Williams a contattare il manager scozzese.
Il resto della stagione 1959/60 servì per vedere chi era da tenere, chi da vendere e su quali ragazzini si poteva fare affidamento[1]. Fondamentale in tale scelta fu anche il fattore psicologico. Shanks voleva gente convinta nei propri mezzi e in quelli del gruppo di cui era parte, gente che doveva credere di giocare nella miglior squadra d’Inghilterra, anche se non era vero, perché presto lo sarebbe stato. La seconda stagione fu di assestamento, la terza fu quella buona: il Liverpool vinse la Second Division e tornò tra i grandi. Accanto al difensore e futuro capitano Ronnie Moran, uno dei pochi della precedente gestione Taylor che Shankly ritenne indispensabile, c’erano i nuovi innesti -gli scozzesi Ian St. John e Ron Yeats su tutti- e i giovani Gary Byrne, Ian Callaghan e Roger Hunt che si ritrovarono catapultati in prima squadra. E se Byrne sarebbe rimasto a Liverpool fino al suo ritiro nel 1969; se Hunt avrebbe segnato gol a grappoli (245 in 404 partite solo contando la First Division) e si sarebbe laureato anche campione del mondo; sarebbe, però, stato Callaghan a incarnare meglio l’idea di gioco che voleva Shankly, con le ali che non dovevano esclusivamente aspettare il pallone sulla linea di fondo, ma andarselo a cercare interagendo con le mezzali di riferimento.
L’arrivo in massima serie fu assorbito senza problemi: ottavi nel 1962/63, i reds vinsero il titolo nel 1964 con quattro punti di vantaggio sul Manchester United, conquistarono la FA Cup nel 1965, la prima della loro storia, battendo 2-1 il Leeds in finale, e di nuovo il campionato nel 1966, distanziando il Burnley di sei punti. Anche in Europa la squadra di Shankly ottenne subito buoni risultati e si arrese solo alla furbizia di Peirò nella semifinale di Coppa dei Campioni del 1965 e a un pallonetto di Libuda in finale di Coppa delle Coppe l’anno dopo.
La necessità del cambio generazionale, avvertita a partire dal 1966/67, ritardò il ritorno al successo dei reds. Il terzo titolo con lo scozzese in panchina arrivò nel 1973 e fu accompagnato dalla vittoria in Coppa UEFA, in finale contro il Borussia Mönchengladbach, un’accoppiata che avrebbe portato fortuna agli inglesi anche qualche anno dopo. In quel Liverpool c’erano Emlyn Hughes, già alla sesta stagione ad Anfield nonostante gli appena 26 anni, il portiere Ray Clemece e l’estroso Kevin Keegan, ma anche l’eterno Ian Callaghan. La seconda FA Cup arrivò l’anno dopo. Il 3-0 sul Newcastle passò, però, in secondo piano quando Shanks dichiarò che, dopo quindici anni a tutta, non ce la faceva più e aveva bisogno di staccare la spina. La peggiore decisione della sua vita l’avrebbe definita in seguito, probabilmente senza quell’ironia British che aveva reso celebre alcune sue uscite, tra cui la frase sul calcio questione di vita o di morte per cui spesso lo si ricorda.
Dell’abbandono di Shanks il Liverpool, infatti, non ne risentì, a testimonianza di quale forza società e gruppo avevano raggiunto sotto la sua guida, e anzi, con Bob Paisley in panchina, vinse tre volte la Coppa dei Campioni in poco tempo. Il fatto poi che lo scozzese si sentisse legato ai tifosi della Kop e ai giocatori molto più che alla dirigenza del club, se aveva aiutato durante la sua carriera da manager a costruire quell’alchimia necessaria per ottenere successi sul campo, ora gli si ritorceva contro. Molte porte gli rimasero chiuse in questa ultima parte della sua vita che si concluse ben presto. Il 29 settembre 1981, neanche settantenne e a soli sette anni dall’ultimo successo, morì per un attacco di cuore.
Ad Anfield c’è una statua che lo raffigura a braccia aperte, nel gesto che tante volte aveva usato per abbracciare simbolicamente tutta la sua comunità di tifosi (come diceva spesso, «Liverpool was made for me and I was made for Liverpool»), sotto la Kop riposano le sue ceneri… Kevin Keegan, però, una volta ha detto senza mezzi termini che l’unico modo per dare il giusto peso al contributo dato da Bill Shankly al Liverpool sarebbe quello di dedicargli lo stadio. E forse ha ragione, visto che
That stadium wouldn’t be what it is now if it wasn’t for Bill Shankly.
federico
Fonti:
Calcio 2000, n° 41
The Guardian, Bill Shankly: Life, death and football
The Guardian, Tribute to Bill Shankly, 30 settembre 1981
Consigliamo inoltre:
Documentario su Shankly con interviste e immagini delle partite del Liverpool 1965-1974
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[1] Calcio 2000, n° 41, e anche wikipedia parlano di una lista di 24 nomi di giocatori da vendere che Shankly preparò al termine della prima stagione. Con ogni probabilità in tale lista non vi erano solo giocatori che avevano già esordito in prima squadra, ma anche giovani che evidentemente Shankly non riteneva meritevoli
Un genio assoluto del football. Uomini come Shankly dovrebbero essere clonati per passione, competenza, motivazione.