Insieme forse è meglio, ovvero Quando assegnare i megaeventi sportivi a più Paesi è necessario (e conveniente): seconda puntata. Le assegnazioni congiunte degli Europei di calcio

Fa un po’ effetto indicare come giorno dal non ritorno il 14 luglio, in questo caso dell’anno 1995. Per la UEFA, però, è così e non è neanche il caso di aggiungere “nel suo piccolo”, visto quanto nei decenni successivi le grandi manifestazioni calcistiche (e sportive in genere) abbiano sempre di più assunto il ruolo di evento politico tout court, per le loro implicazioni economiche, sociali, culturali a livello globale.
Ad ogni modo, il giorno dopo quel 14 luglio la Gazzetta spese solo un trafiletto a pagina 6 per avvisare che Euro 2000 sarebbe stato co-gestito dalle federazioni di Belgio e Olanda. Due nazioni storicamente affini che avevano presentato una candidatura congiunta convincente (in realtà, l’unica pervenuta a Nyon) e che si erano spartite stadi e partite significative: l’incontro inaugurale e una semifinale si sarebbero giocate al “Re Baldovino” di Bruxelles, ovvero l’Heysel finalmente ristrutturato dopo la tragedia del 1985; l’altra semifinale sarebbe stata ad Amsterdam, la finale a Rotterdam.
Pur nella sua brevità, il pezzo della rosea spiegava bene le ragioni della scelta UEFA:

Si apre la via delle candidature congiunte caldeggiata dall’Uefa: il presidente Johansson ha spiegato che con l’allargamento a 16 squadre [della fase finale1
], per evitare che la competizione venga sempre attribuita alle grandi (Francia, Italia, Spagna, Inghilterra e Germania) è auspicabile la collaborazione tra i piccoli Paesi».

In effetti, l’auspicio si concretizzò nuovamente nel 2008, quando a ospitare la manifestazione furono altri due “piccoli Paesi” con tanta storia calcistica alle spalle, Austria e Svizzera; e nel 2012, quando, invece, l’Europeo di Polonia e Ucraina consentì alla UEFA di piazzare per la prima volta una bandierina a Est. Già quest’ultima assegnazione congiunta, benché avesse messo insieme due nazioni affini, era più azzardata delle precedenti e, per così dire, guidata più da fini di politica sportiva che altro. Non a caso, Michel Platini, succeduto a Johansson al vertice della confederazione europea a decisione presa, espresse più volte perplessità sulla tempistica con cui l’Ucraina stava ultimando i lavori agli stadi deputati a ospitare la manifestazione, tanto che a meno di un anno dal fischio d’inizio rilasciava dichiarazioni ambigue tipo «[Ukraine is] virtually ready for Euro 2012».

Otto anni dopo l’accoppiata Kiev-Varsavia, anzi nove anni dopo causa Covid, e con la fase finale allargata a 24 squadre, la UEFA si è poi davvero superata, in fatto di contentini varando la ben edizione itinerante vinta dall’Italia che coinvolgeva più di dieci Paesi, piccoli e non. La scusa era festeggiare i sessanta anni dalla nascita della Coppa Henri Delaunay -il nome ufficiale del trofeo assegnato per la prima volta nel 1960-, l’occasione era quella buona per battezzare l’entrata nel giro che contava dell’Azerbaigian della famiglia Aliyev e dell’Ungheria di Viktor Orban e per confermare la presenza in tale giro della Russia putiniana, che non aveva ancora invaso l’Ucraina. Vedasi, a tale proposito, a chi sono stati riassegnati i match che Dublino non ha potuto ospitare causa Covid e in quale Stato le norme anti-pandemia hanno consentito di riempire lo stesso gli stadi al 100%2.

La prossima gestione congiunta sarà quella del 2028, affidata al Regno Unito e alla Repubblica d’Irlanda. L’ufficializzazione è arrivata nell’ottobre del 2023, quando il massimo organismo continentale del pallone ha anche deciso che Italia e Turchia ospiteranno Euro 2032, decretando il definitivo transito dalla stagione delle assegnazioni condivise alla stagione delle assegnazioni accorpate. Un upgrade della strategia, cui stava lavorando anche la FIFA, da tempo, vista la portata ben superiore dei suoi interessi e dei suoi tentacoli. FIFA che, del resto, aveva già iniziato nel 2002 soluzioni “avveniristiche”, esplorando l’altra faccia del co-hosting.

Puntata precedente: La prima assegnazione congiunta
Puntata successiva: L’altra faccia del co-hosting