Trapattoneide – quarta puntata
Quando, nell’estate del 1976, Giovanni Trapattoni inizia la sua avventura in bianconero, alla voce trofei internazionali il palmares della Juventus è alquanto deficitario. Il successo più importante è la Coppa delle Alpi del 1963, torneo che a fine stagione metteva di fronte compagini italiane e svizzere e che comunque, quell’anno, si risolse con una sfida tutta italiana con l’Atalanta. In bacheca c’è anche una Coppa dell’Amicizia italo-spagnola, nome lunghissimo per una doppia sfida altrettanto lunga con il Real Madrid (andata maggio 1963, ritorno novembre 1965) e risoltasi ai rigori. Un certo valore simbolico dovrebbe averlo la Coppa d’oro Città di Torino, che i bianconeri vinsero nel 1904 battendo 10-1 il Lyon Olympique in uno dei primi incontri internazionali che videro i club italiani vincenti, ma a pesare davvero è la differenza con quanto hanno già messo in cascina Milan e Inter: Coppe dei Campioni e Coppe Intercontinentali e, per i rossoneri, anche due Coppe delle Coppe e due Coppe Latine. Persino Bologna, Fiorentina e Roma hanno portato a termine con successo almeno una campagna europea in Mitropa Cup, Coppa delle Coppe o Coppa delle Fiere. La Juventus nei tornei di alto livello ha, invece, raccolto solo finali perse: nel Lipton Trophy del 1911, nella Coppa delle Fiere del 1965 e del 1971, in Coppa dei Campioni e in Coppa Intercontinentale nel 1973.
Quando, nell’estate del 1986, Giovanni Trapattoni lascia la panchina bianconera per andarsi a sedere su quella dell’Inter, le cose sono un po’ cambiate. Inter e Milan sono sempre davanti quanto a Coppe dei Campioni, ma la Juventus nel frattempo è riuscita a diventare il primo club ad aver vinto almeno una volta (in realtà, esattamente una) i cinque trofei internazionali che la UEFA riconosce e sponsorizza. Quattro successi su cinque, ma anche l’ennesima finale persa, stavolta contro l’Amburgo, e la tragica notte dell’Heysel, sono arrivati tra il 1982 e il 1985. L’altra vittoria è quella ottenuta in Coppa UEFA nella stagione 1976/77, a dispetto della tradizione negativa delle italiane nella “terza” coppa europea e nonostante le tante energie profuse in campionato per stare davanti al Torino. Una vittoria importante perché la prima in ordine di tempo.
Il percorso dei bianconeri inizia il 15 settembre 1976, con una onorevole sconfitta per 1-0 a Maine Road, in casa del Manchester City che perde poi 2-0 a Torino. La Juventus passa, ma si ritrova al punto di partenza, visto che il sorteggio, per l’andata del secondo turno, la rispedisce a Manchester, stavolta sponda United. Anche a Old Trafford i bianconeri perdono con il minimo scarto (1-0), al Comunale fanno, invece, ancor meglio che nel confronto precedente e vincono 3-0. Il raddoppio lo sigla Boninsegna di tacco su assist di Tardelli, il terzo gol Benetti, “appoggiando delicatamente”1 come sua consuetudine la palla in rete, al termine di un contropiede, due leit motiv che ritroveremo anche in seguito.
Contro gli allora sovietici dello Shakhtar Donetsk i tre gol messi a segno nel primo tempo indirizzano la doppia sfida sui binari giusti sin dall’andata, giocata stavolta a Torino2. A Donetsk arriva la terza ininfluente sconfitta esterna per 1-0 e il pass per i quarti di finale.
Alla ripresa del torneo, a inizi marzo, la Juventus è attesa da un altro viaggio in Europa Orientale. Deve recarsi in Germania Est, per affrontare il Magdeburgo che tre anni prima ha sorpreso il Milan in finale di Coppa delle Coppe. «È stata soprattutto una battaglia, quella sul terreno fradicio dell’Ernst Grube Stadion», scrive La Stampa, con l’arbitro inglese che ha reso sin troppo «omaggio a una concezione sin troppo “virile” del calcio atletico». Tutte osservazioni che spiegano perché, oltre all’italianissimo uso del contropiede, la vera arma in più dei bianconeri (e, aggiungiamo, la chiave su cui il Trap costruirà i suoi successi torinesi a partire proprio da quella stagione) sia stata la grande condizione atletica mostrata in campo. Infatti, nonostante Sparwasser ci sia ancora e segni il gol del momentaneo pareggio, la Juventus vince 1-3 con pieno merito. A proposito di leit motiv, oltre al delicato appoggio di Benetti che vale il terzo gol, c’è il gol di Antonello Cuccureddu, di mestiere terzino destro, ma schierato per l’occasione ala. Il sardo a Magdeburgo si fa trovare puntuale sul secondo palo per segnare l’1-2, poi nel ritorno a Torino segna con un gran sinistro dal limite l’unica rete del match.
In semifinale c’è l’AEK Atene. La doppia vittoria (4-1 a Torino, 0-1 in Grecia) lascia intendere che la Juventus ha sudato di più per passare i primi due turni contro le compagini di Manchester che in questa sfida, ma non rende giustizia ai greci che, al pari dei bianconeri, hanno eliminato due compagini inglesi e una sovietica nel loro cammino. L’andata va comunque ricordata per i tacchi d’artista di Boninsegna (assist per Bettega nell’azione del 2-1) e dello stesso Bettega (assist per Causio nell’azione del 3-1), oltre all’ormai immancabile gol di Cuccureddu che, in proiezione offensiva, sblocca il risultato.
Tempo di finale, ma stavolta la paura di non farcela arriva solo negli ultimi dieci minuti del match di ritorno. «Avvio bruciante. Bilbao trafitto, ma la Juve ritarda il brindisi» titola la Gazzetta dello Sport dopo il match di andata giocato a Torino. I dubbi della rosea riguardano il fatto che, dopo il gol di Tardelli, i padroni di casa non hanno cercato di sistemare la pratica Athletic Bilbao in casa e il match è finito 1-0. Però, al San Mamés, dopo soli sette minuti la Juventus è in vantaggio, grazie a un gol in tuffo di Bettega. I baschi ne devono fare tre adesso. Pareggiano subito con Irrueta e attaccano con foga, l’agonismo aumenta nella ripresa e si sfiora anche la rissa, ma il 2-1 di Carlos che fa un po’ tremare Trapattoni e i suoi arriva al 78′, troppo tardi. La Gazzetta chiosa: la Juventus ha mostrato un «indomito carattere, manca la spinta solita ma il gol di Bettega è fondamentale nell’economia del confronto». E questo basta e avanza per alzare la coppa.
Puntate precedenti: 5 settembre 1960: La sconfitta dal fondo del cappello, 12 maggio 1963: Italia batte Pelé, Pippo e il Trap
Puntata successiva: 26 ottobre 1986: Un atteso sbaglio di panchina
Da sottolineare che l’Atletico di Bilbao era una signora squadra visto che aveva eliminato nei quarti di finale il Barcellona di Cruijff e Neeskens.