Insieme forse è meglio, ovvero Quando assegnare i megaeventi sportivi a più Paesi è necessario (e conveniente): quarta puntata. Le candidature accorpate per il Mondiale 2030 e l’Europeo 2032

Nel 1930 la prima Coppa Jules Rimet fu ospitata dall’Uruguay, anzi dalla sola città di Montevideo. Pensare a un Mondiale 2030 senza la celeste o senza coinvolgere la città da cui tutto è partito sarebbe un delitto nei confronti della storia. Ospitare una rassegna a 48 squadre richiede, però, il coinvolgimento di quasi tutto il Sud America; una serie di federazioni rispondono all’appello e, insieme con quella uruguayana, danno vita al cosiddetto “South American bid”.
Il problema grosso è che l’edizione del 2026 è stata assegnata a Paesi affiliati alla confederazione centro-americana, quindi, nell’ottica dell’alternanza, tocca all’Europa. Senza contare che l’Africa è all’asciutto dal 2010 e che il Marocco ha ormai raggiunto l’invidiabile record di cinque candidature bocciate, ultima quella relativa proprio al Mondiale 2026. Lo Stato del Maghreb, tra l’altro, a marzo 2023 è riuscito a farsi includere da Spagna e Portogallo che già da un paio d’anni hanno avanzato una proposta congiunta e sono in cerca di un terzo partner.
Come si può fare? Beh, se forzosamente nel lontano 1996 si riuscì a riunire sotto un unico nome le due proposte distinte di Giappone e Corea del Sud, perché non pensare a un torneo che ha il cuore nel Mediterraneo, ma coinvolge anche Montevideo, Buenos Aires e uno stadio di una città del Paraguay?
Un bel patchwork delle due proposte sul tavolo, che farà sì che per il Mondiale 2030 si giochino match non in due, ma addirittura in tre continenti! Un bel patchwork che -guarda caso- ha permesso all’Arabia Saudita di Bin Salman di correre in solitaria per l’assegnazione dell’edizione del 2034 e di aggiudicarsela1.

La sensazione è che non saranno più cene all’Eliseo o strani cambi d’opinione in sede di votazione a sancire le sedi delle prossime rassegne iridate; basterà vedere chi arriva fino in fondo e, se le proposte sono due o più, accorparle. Una soluzione che in futuro potrebbe essere adottata anche per il Mondiale femminile e sulla cui convenienza anche la UEFA si è trovata d’accordo nel settembre 2023 (quindi, con un mesetto d’anticipo rispetto alla FIFA), quando si è trovata a decidere a chi assegnare Euro 2032.
Erano in ballo Italia e Turchia, che da tempo aspiravano a organizzare la rassegna continentale: l’Italia si era candidata per Euro 2012, ma era stata sconfitta all’ultimo turno da Polonia e Ucraina; la Turchia si candidava, ininterrottamente, da una ventina di anni.
Per l’edizione del 2032 avevano ripresentato candidature singole, ma per Nyon non è stato molto difficile convincere le due federazioni a cooperare per dividersi l’evento. È nato così quello che Lorenzo Longhi su Thesportlight ha chiamato Itatürk. E, se tanto ci sarebbe da discutere su un apparentamento così vincolante con una nazione che da più di venti anni è governata dallo stesso uomo (Erdogan) e che sta cercando sempre più di ritagliarsi sul palcoscenico internazionale della diplomazia un proprio ruolo, è sulla poca progettualità che sta dietro la proposta italiana che voglio soffermarmi in questa sede. Un aspetto che caratterizza l’approccio anche all’altro grande evento sportivo che verrà a breve organizzato sul territorio italiano, Milano-Cortina 2026. Vedi questione pista di bob.

Ad ogni modo, spiega sempre Longhi: «[la Turchia aveva] un ottimo dossier, ma comunque perdente per il 2028 a causa dell’incolmabile vantaggio dell’avversario britannico [Regno Unito e Irlanda] in termini di strutture, infrastrutture e contesto politico-economico». Per il dossier italiano o, meglio, per capire il perché della candidatura a organizzare l’Europeo, sono sufficienti le parole pronunciate dal presidente del CONI Malagò ad aprile del 2023:

Oggi il calcio ha diversi problemi: il primo è quello delle infrastrutture e l’unico antidoto è l’Euro2032.

Un’osservazione che il presidente FIFA Infantino ha commentato così: «Prima si fanno gli stadi, poi ci si candida per un evento, non il contrario…».
Le città italiane che ospiteranno i match non sono ancora note. Dovrebbero essere sei. Per alcune non ci sono dubbi, per altre si deciderà. Se, però, l’assegnazione doveva essere l’antidoto per riammodernare un bel po’ di impianti su e giù per lo stivale, adesso saranno meno i soldi stanziati dal governo e saranno giocoforza ancor meno gli stadi che ne potranno beneficiare.
Curiosamente, in ballo ci sono solo sedi che nel lontano 1990 ospitarono match e basta agitare lo spettro di Italia ‘90 per far venire a galla il timore che i soldi saranno comunque mal-spesi.
Intanto, a proposito di cose fatte in modo… dubbio, godetevi We play as one, il video promozionale della candidatura congiunta Italia-Turchia.

Nella foto in evidenza: la delegazione della FIGC a Nyon in occasione della scelta della sede di Euro 2032: il presidente Gravina e gli ambassador Buffon e D’Amico. Con loro il presidente UEFA Aleksander Čeferin

Puntate precedenti: La prima assegnazione congiunta, Il co-hosting made in UEFA, L’altra faccia del co-hosting
Puntata successiva: Insieme è meglio, anche nel volley