Deutsche Zeitung. 3° puntata: L’eredità della DDR Oberliga
La notte fra il 2 e il 3 ottobre 1990 “la Repubblica Federale di Germania e la Repubblica Democratica Tedesca […] in base alla loro libera scelta, in pace e libertà” portano a compimento l’unificazione della Germania e, “mosse dal desiderio della popolazione […], si impegnano a dar vita a uno stato federale di diritto, democratico e sociale”. Dal Reno all’Oder suonano le campane, ma le incognite dell’unità attenuano l’ebbrezza, come titola La Stampa.[1] Legge elettorale, organizzazione politico-economica del nuovo Stato sono i principali temi cui dare risposta nel più breve tempo possibile. Le due Germanie sono, infatti, separate dal 1949, nei quattro anni precedenti gli alleati stavano ponendo le basi per spartirsele e l’ultima volta che erano state effettivamente unite c’era Hitler, quindi non fa testo.
La Deutscher Fußball-Bund (DFB), nel suo piccolo, vive una situazione simile. L’omologa orientale, la DFV, non esiste più e si è trasformata in NOFV (Nordostdeutscher Fußballverband). Per il 1990/91 si lascia tutto così, Bundesliga all’Ovest, DDR Oberliga, anzi NOFV Oberliga all’Est, ma dalla stagione successiva squadre orientali e occidentali si devono giocare il titolo unico di campione di Germania. Anche qui indietro non si può guardare. Risale, infatti, al 1943/44 l’ultimo campionato che possa dirsi unificato, ma allora si parlava di Gauliga, era prevista una fase preliminare a livello regionale e una fase finale a eliminazione diretta. Il nazismo, inoltre, aveva spostato molto ad Est i confini del Reich, prima con il beneplacito di Francia e Inghilterra, poi con le armi. Tra le vincenti delle Sportbereichsklasse c’erano, così, gli austriaci del First Vienna, una squadra fatta di Sudeti dell’odierno distretto di Most felici di esser stati annessi al Reich (la Nationalsozialistische TG Brüx), i club militari provenienti dalle regioni polacche e boeme appena occupate (Luftwaffen-SV Danzica, Luftwaffen-SV Mölders Cracovia e Militär-SV Brünn, ovvero Brno) e i futuri tedeschi Est del Dresdner SC. Furono proprio questi ultimi a vincere, bissando il successo della stagione precedente.
Sembra passata un’era geologica e non è solo questione di Muro di Berlino messo su e buttato giù. Ad Ovest, in quaranta anni, Mannschaft e club hanno riportato successi a livello internazionale, mentre ad Est il periodo buono è andato solo dal 1972 al 1976: vittoria del Magdeburgo nella Coppa delle Coppe del 1973 e, per la DDR-Mannschaft, l’oro olimpico del 1976 e il vanto di aver battuto due volte su due i cugini occidentali. Progressi vanificati negli anni successivi dall’ingerenza della Stasi che, tramite intimidazioni, combine e trasferimenti obbligati, ha voluto rendere la sua squadra, la Dinamo Berlino imbattibile, impoverendo di fatto l’intero movimento calcistico. Al divario tecnico si somma quello economico: non ci sono più gli apparati statali DDR a sostenere le squadre dell’Est e, in aggiunta, c’è da assorbire l’impatto con un calcio basato sull’economia di mercato, ovvero costi da sostenere molto alti, con l’inevitabile prospettiva di dover vendere nelle stagioni successive i giocatori migliori per continuare a esistere.
Nell’agosto 1991 il coltello dalla parte del manico lo ha, quindi, la DFB e lo usa facendo a fette i club che provengono dall’Est. Delle 14 squadre che si sono contese il titolo di campione della ormai ex Germania Est, solo le prime due sono ammesse alla Bundesliga 1991/92, che passa così da 18 a 20 squadre. In Zweite Bundesliga finiscono quelle classificate dal terzo al sesto posto più le due vincenti degli spareggi tra le classificate dalla settima al dodicesima posizione. Le altre rimangono in NOFV Oberliga, ma passano di fatto dalla “Serie A” dell’ex DDR a un girone regionale della “Serie C” della nuova Germania. Del resto la storia la scrivono i vincitori e i tedeschi Ovest del calcio sono anche campioni del mondo in carica.
Le due squadre ammesse al tavolo delle grandi sono l’Hansa Rostock e la Dinamo Dresda. L’inizio degli anseatici sembra un pugno nello stomaco dei dirigenti della DFB: 4-0 al Norimberga nella giornata inaugurale, trionfo per 1-2 all’Olympiastadion di Monaco alla seconda giornata e 5-1 al Borussia Dortmund tre giorni dopo. Alla settima giornata l’Hansa Rostock è ancora in testa, ma è un fuoco di paglia. Quindicesima alla fine del girone d’andata e già in piena bagarre salvezza, gli ex campioni dell’Est affondano fino al penultimo posto. La vittoria contro l’Eintracht Francoforte all’ultima giornata serve solo a impedire che i rossoneri vincano il torneo in un incredibile finale a tre, che incorona lo Stoccarda.
La più esperta Dinamo Dresda riesce, invece, a salvarsi con due giornate d’anticipo e a gettar le basi per sopravvivere altre tre stagioni nel massimo campionato. Per i gialloneri alla fine della Bundesliga 1994/95 arriva, però, una doppia retrocessione. Ultimi in campionato, non ottengono il nulla osta della DFB per iscriversi alla Zweite Bundesliga 1995/96, causa problemi finanziari, e sprofondano nelle serie minori, da cui in futuro riusciranno a emergere solo occasionalmente.
Fare un consuntivo a più di vent’anni di distanza da quell’agosto 1991 potrebbe risultare impietoso, ma è in fondo lo specchio delle attese. Nel 1993/94 l’ex Lokomotive Lipsia fa una breve comparsa in Bundesliga: ultimo posto e di nuovo Zweite. La stagione successiva, proprio mentre la Dinamo Dresda abdica, l’Hansa Rostock guadagna la promozione. Il club riesce, incredibilmente, a rimanere nella massima serie fino al 2004/05, centrando due sesti posti e lanciando anche giocatori di buon livello come Beinlich, Akpoborie, Rehmer e Neuville. Poi solo una fugace apparizione nel 2007/08. Quarta e ultima squadra ex DDR a esser passata dalle parti della Bundesliga è l’Energie Cottbus: sei stagioni in tutto, tra il 2000/01 e il 2008/09, quattro salvezze e due retrocessioni. Un totale di 22 presenze e un futuro che si prospetta ugualmente non roseo.
Dei tre club della Germania Nord-Occidentale che, infatti, partecipano alla Zweite Bundesliga 2014/15 solo uno può legittimamente sperare in futuro di salire nella serie maggiore, la Rasen Ballsport Lipsia. Come suggerisce il logo e il nome dello stadio (Red Bull Arena), il club non ha nulla a che fare con le storiche Chemie e Lokomotive, e rappresenta il peggio del modello “alla occidentale” esportato all’Est: si comprano i diritti da una squadretta, lo SSV Markranstädt, si passa dalle divisioni regionali alla Zweite grazie a investimenti e acquisti spropositati; il tutto con l’obiettivo di sbarcare a breve in Bundesliga o di scomparire, se il gioco non varrà più la candela.
Come successo con l’eredità economica e con quella politica, anche l’eredità calcistica della vecchia DDR può in sostanza dirsi morta. Ma se in futuro questa dovesse passare dalla Red Bull, sarebbe una morte un po’ peggiore.[2]
federico
Puntata precedente: Clamoroso a Unterhaching; Puntata successiva: “Lebbe geht weider”, la vita continua
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[1] Il testo riportato tra virgolette è tratto dal Trattato di Unificazione, cfr. La Stampa, 2/10/1990
[2] Altre due le squadre provenienti dalla ex DDR in Zweite Bundesliga 2014/15: la Erzgebirge Aue (che una volta si chiamava Wismut Aue) e l’Union Berlin. La prima è una specie di Hansa Rostock degli anni novanta ed è già un miracolo che sia arrivata in Zweite. La seconda è la storica squadra di Berlino, avversaria della Dinamo e di tutto ciò che rappresentava anche nel calcio il regime. Definirla eredità calcistica della DDR sarebbe, quindi, un grosso torto
Ho letto con interesse l´articolo (molto bello ed elegante, cosi´ come tanti altri del Vs, sito. Ergo: complimenti!)
Detto questo vorrei stimolare la conversazione sul tema che , cito testualmente, “rappresenta il peggio del modello “alla occidentale” esportato all’Est: si comprano i diritti da una squadretta, lo SSV Markranstädt, si passa dalle divisioni regionali alla Zweite grazie a investimenti e acquisti spropositati”.
La Red Bull Leipzig rappresenta sicuramente un unicum nel panorama del calcio professionistico. Tuttavia il tentativo di sdoganare il calcio “ossi” della ex DDR (anche se per ovvi motivi commerciali) ha avuto ricadute positive su Lipsia. E’stata costruita dal nulla una Fußballakademie, il vecchio Zentral Stadion e´ stato rivitalizzato dopo il Mondiali 2006, tutto il movimento calcistico di Lipsia ne e´’stato influenzato positivamente. E non ultimo il Land della Sassionia puo´ ora farsi vanto di un club che rappresenta la rinascita di una citta´ e di una economia.
E last but not the least: lo Stadion am Bad degli azzurri del Markranstädt (penso anche ai soldi arrivati dalla Red Bull) e´ un piccolo gioiello (non a caso ci han giocato anche le giovanili della DFB qualche anno fa).
Ciao e continuate cosi´!
Rob
ciao roberto,
grazie della lettura dell’articolo e dell’incoraggiamento. Approfitto della tua osservazione per chiarire a monte che per “il peggio del modello alla occidentale” intendevo il peggio ideologico, cioè il messaggio che solo con un intervento dall’esterno di un maxi investimento si può portare l’Est di nuovo in Bundesliga. Una cosa che stride ancor di più in una città come Lipsia che può vantare cmq due società che hanno fatto la storia del calcio Ossi.
In questa ottica le ricadute “infrastrutturali” sono quasi effetti collaterali necessari. Magari a Lipsia riusciranno a incidere nel futuro calcistico e sportivo della città più che altrove, però a me ricorda un po’ il discorso dei bravi colonizzatori che andavano in Africa a costruire strade.
E cmq i prossimi anni ne sapremo qcosa in più.
Grazie e ciao.
Concordo sull’interpretazione data al “peggio del modello occidentale”. Purtroppo il calcio moderno è diventato un mostro. Inutile anche parlarne, è sotto gli occhi di tutti. Solo un businness ormai, in cui società ricche diventano ancora più ricche, e le altre si spartiscono le briciole che cadono dal tavolo. Il football romantico, vero, genuino ha vissuto fino quasi alla fine degli anni 80. Poi è cominciato il declino verso questa deriva che lo ha imbruttito, imbastardito e reso un baraccone da circo. Se spariscono nel silenzio generale squadre come la Lokomotive Lipsia, il Magdeburgo, la Dynamo Dresda,
(che storicamente hanno tra l’altro tifoserie dai numeri importanti) e si costruiscono in laboratorio società come la Red Bull Lipsia, senza storia, senza tradizioni, una specie di esperimento nato in provetta, vuol dire che siamo ormai alla frutta. La passione di tante tifoserie è messa a dura prova. Il calcio è anche innamorarsi di una maglia per i suoi colori, la sua storia e le tradizioni. Continuate a calpestare questi valori, e vi ritroverete in quattro gatti a seguire questo football-fastfood.