British Tales. Storie di football d’oltremanica (1857-1939). 11° puntata: La F.A. Charity Shield

Non parleremo della Pontiac del babbo di Dean o di lunghe tirate tra Omaha e Tucson; ciò nondimeno Francesco Guccini ha ragione a sostenere che la lingua inglese ci frega e che a tradurre i nomi in italiano ci si accorge che non è la stessa cosa.1 Chi, infatti, si dispiacerebbe per la mancata conquista dello Scudo della Comunità? e quale squadra non verrebbe dileggiata per la vittoria dello Scudetto della Beneficenza? La vecchia Charity Shield, ora Community Shield, ha, invece, una tradizione più che centenaria, apre in agosto la stagione ufficiale e richiama a Wembley tantissimo pubblico. E, anche se non ha il blasone di una Premier League o di una F.A. Cup, e neanche l’importanza di una Coppa di Lega, tra le sue righe cela la storia stessa del football d’oltremanica e delle mutazioni in esso avvenute dai primi anni del secolo scorso a oggi.

Tutto inizia ufficiosamente nel 1898. Da tredici anni il calcio inglese sta vivendo una profonda lacerazione interna. I club professionisti, cioè quelli che ritengono lecito pagare i propri giocatori, stanno prendendo sempre più piede, dominano in F.A. Cup e nel 1888/89 hanno creato, con l’avallo della stessa Football Association, un loro campionato, la Football League (che poi è l’attuale Premier). Il calcio amatoriale è, però, ancora abbastanza diffuso, specie nel Sud dell’Inghilterra e nella capitale. Uno degli sceriffi di Londra, lo scozzese Thomas Dewar, decide -forse per questo motivo- di istituire un trofeo che annualmente faccia incontrare il meglio che amateurism e professionalism possono offrire. È nata la Sheriff of London Charity Shield, che si chiama così perché il ricavato della sfida verrà utilizzato in opere di carità. Occhio, infatti, non ci sono pistole o stelle a cinque punte in questa storia, lo sceriffo è solo un funzionario e Dewar è un noto commerciante di whisky alla prese con l’inizio di una fruttuosa carriera politica, che lo porterà a sedere in Parlamento tra i conservatori e a diventare barone.

Nella prima edizione del trofeo londinese si incontrano i bianchi del Corinthian, incarnazione massima dello spirito amatoriale, e lo Sheffield United, che a breve vincerà il suo primo titolo. Uno 0-0 in prima istanza, nel replay un 1-1 e, dato che lo Sheffield United non vuole giocare i supplementari, lo scudo viene tenuto sei mesi ciascuno. Nella seconda edizione fa eccezionalmente capolino il Queen’s Park F.C. di Glasgow, la più antica società amatoriale scozzese, e arriva un altro pareggio, con l’Aston Villa. Per il resto, i corinziani sono ospiti fissi: vincono due volte e fa sensazione il 10-3 rifilato al Bury detentore della F.A. Cup nel 1904, ma le sconfitte sono di più, sei in totale, tra cui il rovinoso 5-2 patito nel 1907 dal Newcastle che segna l’ultimo atto di questa manifestazione. La Football Association è, infatti, in guerra con le squadre che non schierano professionisti e nel 1908 fa scacco matto in due mosse: non designa nessuna squadra per la Sheriff of London Charity Shield e, in sua vece, organizza la F.A. Charity Shield. Stessa destinazione per l’incasso, diversa natura della sfida: a giocarsi il trofeo sono le vincitrici delle due leghe professioniste più importanti, la Football League e la Southern League.2 Nella prima edizione vince il Manchester United sul Queen’s Park Rangers, 4-0 nel replay, dopo che il primo match è terminato 1-1. Solo il Brighton & Hove Albion, da campione della Southern League, riesce a battere il vincitore della Football League (1-0 all’Aston Villa nel 1910), poi nel 1913 la prima sfida tra una rappresentativa di professionisti e una di amatori, quasi a sancire pace e separazione consensuale tra Football Association e Amateur Football Alliance, tra il mondo dei Manchester United e dei Liverpool e quello dei Clapton e dei Wanderers.3
Il confronto Professional XI vs. Amateur XI viene riproposto altre cinque volte negli anni Venti e nel 1927 c’è una specie di amarcord della Sheriff of London, visto che si scontrano il Cardiff City, detentore della F.A. Cup, e il Corinthian. Nel computo globale, le rappresentative amatoriali vincono solo due dei sette incontri (quelli del 1925 e del 1926).

charity 1958

1958, programma ufficiale della Charity Shield. Il match lo vincerà il Bolton 4-1

Intanto, nel 1921, il format attuale, vincitrice del campionato contro vincitrice della coppa, ha fatto la sua apparizione: sono i detentori della F.A. Cup, i bianchi del Tottenham Hotspur (2-0 sul Burnley), ad aggiudicarsi questa prima vera supercoppa. A partire dal 1929 le edizioni che sfuggono a questa regola sono davvero poche e tra loro quella del 1950, in cui la nazionale inglese reduce dal disastroso Mondiale brasiliano batte 4-2 la rappresentativa andata in tour in Canada la stessa estate. Per arrivare al trofeo che si assegna oggi mancano tre passaggi. Il primo è datato 1959. In occasione del 3-1 dei Wolverhampton Wanderers sul Nottingham Forest, la manifestazione viene spostata dagli inizi di autunno al mese di agosto e le viene assegnato il ruolo di apripista della stagione ufficiale. Il nuovo posizionamento non dà, però, alla Charity Shield l’appeal sperato, se è vero che tra il 1971 e il 1973 sia i campioni d’Inghilterra che i detentori della coppa la snobbano. Il segretario della Football Association, Crocker, pensa bene di agire sul fronte dell’immaginario collettivo e nel 1974, sulla scia di quanto accade per la finale di F.A. Cup già dal 1924, si mette a lucido Wembley per ospitare la sfida vinta dal Liverpool sul Leeds ai rigori (anche questa una novità). Le 67mila presenze sugli spalti fanno capire che la prassi di giocare in casa della vincitrice della First Division, inaugurata con un pirotecnico Newcastle-Everton 3-5 nel 1932, va abbandonata.

170px-2002_FA_Community_Shield_programmeManca il terzo e ultimo step, la sostituzione del termine ‘Charity’ con quello ‘Community’ nel nome del trofeo, un passaggio solo all’apparenza formale. Il fatto è che l’ente non governativo che in Inghilterra e Galles controlla che nelle raccolte fatte per beneficenza sia tutto a posto -la Charity Commission– nel marzo del 2002 fa sapere che, in occasione della Charity Shield del 2000, vinta 2-0 dal Chelsea sul Manchester United, ci sono state delle irregolarità o, quanto meno, delle negligenze. Poco male, per evitare successive ingerenze, la Football Association ha già deciso da un mese di cambiar nome al trofeo e di barattare lo spirito caritatevole con quello comunitario. Nel programma della F.A. Community Shield del 2002 in primo piano ci sono due ragazzi che inseguono un pallone e Arsenal vs. Liverpool quasi non si legge: del resto i fondi raccolti stavolta andranno ai tanti volontari che in giro per l’Inghilterra dedicano il loro tempo libero al calcio. In una parola, gli amatori.
Dallo sceriffo di Londra allo scudo della comunità, il cerchio si è chiuso. Poi, se in alto a destra sul manifestino si vede anche il logo di una nota ditta dispensatrice di hamburger che nell’aprile 2002 ha firmato un contratto di sponsorizzazione quadriennale, beh… è solo una fortuita coincidenza, che continuerà a capitare negli anni a venire per molto più tempo dell’omaggio iconografico al football amatoriale.

federico

Nella foto iniziale: 1903, Il Sunderland posa con la Sheriff of London Charity Shield

Puntate precedenti: Campionati del mondo fatti in casa (1887-1902); L’evangelizzazione calcistica dell’Europa continentale (fine XIX sec.); Il Corinthian F.C., ovvero dell’integralismo amatoriale; La White Horse Final (1923); L’assenza britannica ai primi tre Mondiali; Il calcio a Sheffield; Il Poppy Day; Celtic, from Killie to Killie (1917); I fatti di Croke Park (1920); Il tour del Reading in Italia (1913);
Puntata successiva: under construction