British Tales. Storie di football d’oltremanica (1857-1939). 12° puntata: 1913: Il tour del Reading in Italia

Una squadra potente, mai vista in Italia,
e della quale il pubblico ha riportato una bellissima impressione
La Stampa

Prima vengono i marinai e i commercianti, col loro carico di palloni e magliette; poi sono i minatori dilettanti del West Auckland a prendersi la briga di arrivare fino a Torino e a tornarsene felici come se avessero davvero vinto la Coppa del Mondo; nel 1912 è la quintessenza del calcio amateur, Vivian Woodward, in compagnia degli English Wanderers, a fare una tournée nel Nord Italia e a tastare il polso al calcio nostrano.1 Ma il primo vero incontro con il football d’oltremanica va fatto risalire al maggio del 1913, quando il Reading, appena classificatosi ottavo nella Division One della Southern League, incontra in soli sette giorni Genoa, Milan, Casale, Pro Vercelli e Nazionale italiana.

Quanto valga davvero quel Reading nel panorama del calcio inglese non è facile stabilirlo: il campionato cui partecipa raccoglie dal 1894 squadre di Londra e del Sud; il Nord più industriale alimenta, invece, dal 1888 la Football League, che per prima ha virato verso il professionismo. La FA Cup è la competizione in cui i team provenienti dalle due leghe si confrontano e l’albo d’oro parla chiaro: tra il 1889 e il 1913 solo il Tottenham Hotspur -nel 1901- è riuscito a strappare la coppa alle squadre della Football League. Nel Nord ci sono dunque compagini molto più forti, eppure, come sottolinea La Stampa Sportiva, il Reading qualche soddisfazione se l’è tolta. Il club proveniente della Southern League ha, infatti, battuto nel primo turno della FA Cup del 1912 l’Aston Villa, vincitore poi nel 1913; e ha perso solo di misura nel terzo turno dell’edizione 1913 con il Blackburn Rovers, campione d’Inghilterra l’anno prima.

Quanto valga il Reading in relazione al movimento calcistico italiano è, invece, più facile stabilirlo. Il bilancio finale parla di quattro vittorie e una sconfitta, 18 gol fatti e 4 subiti. La battuta d’arresto, inaspettata, è quella rimediata dagli inglesi il 14 maggio sul campo del Casale, 2-1, con gol piemontesi di Varese e Sarasso. La prima storica affermazione di una squadra italiana su una inglese è parzialmente scusata dalle ristrette dimensioni del campo da gioco dei casalesi, si parla addirittura di 90×45 metri, il minimo allora consentito in fatto di lunghezza e larghezza da parte della FIGC; comunque quel giorno i giocatori del Reading devono avere la testa altrove, forse per via del nome poco altisonante dell’avversario.
Non c’è, infatti, molta storia nelle due sfide successive, quelle che più contano: i pluri-campioni italiani della Pro Vercelli sono surclassati per 6-0; la selezione azzurra, che in fondo è quasi la stessa cosa, visto che otto degli undici della formazione iniziale sono vercellesi, è regolata 2-0 nel primo tempo, poi “un po’ per il caldo, un po’ per la stanchezza” accumulata nei tanti match giocati in pochi giorni, gli inglesi non spingono sull’acceleratore e il punteggio non cambia.

1913-attilio-fresiaAll’appello mancano due incontri, il rotondo 5-0 rifilato al Milan e la sfida d’esordio, quella giocata in casa del Genoa, una sfida su cui val la pena di soffermarsi perché dà il La a un’altra prima volta del calcio italiano.
L’onore di incontrare per primi gli inglesi tocca ai genoani, perché l’invito al Reading a passare in Italia a fine stagione è di William Garbutt, tecnico dei rossoblù da una stagione ed ex giocatore proprio del club della Southern League. Un’autorete di Casanova apre la strada al successo del Reading, che chiude il primo tempo in vantaggio 3-0, anche in virtù di un errore del genoano Eastwood dal dischetto. Verso la fine dell’incontro, i padroni di casa hanno, però, un sussulto e segnano due gol con Attilio Fresia, appena passato dall’Andrea Doria in rossoblù per la cifra di 400 lire, versate direttamente al giocatore.
Il Reading va di nuovo in gol e il match finisce 4-2, ma quell’italiano in grado di bucare due volte il portiere Burnham ha lasciato il segno. Sarà perché la FIGC ha preso male la storia del passaggio di casacca e delle 400 lire; sarà perché nell’aria c’è il sentore che per “sradicare il professionismo ovunque imperi” l’attaccante genoano verrà squalificato; sarà perché Garbutt è uno di famiglia; fatto sta che Fresia viene messo sotto contratto dagli inglesi, che versano 17 sterline nelle casse del Genoa. Così, dopo esser stato uno dei due non vercellesi in campo col Belgio il 1° maggio 1913, l’ex doriano diventa il primo italiano a giocare in Inghilterra.

La sua esperienza, purtroppo, non è delle migliori. Causa lungaggini burocratriche, Fresia riesce a partire per Reading solo a dicembre del 1913 e -almeno a dire della stampa locale– trova difficoltà ad adattarsi ai terreni morbidi. Tornerà in Italia, a Modena, nel 1914 e si metterà a fare il dirigente per paura della squalifica ancora pendente. Nel 1920 lo troveremo addirittura in Brasile, ad allenare il Palestra Italia, l’attuale Palmeiras, nel giorno in cui i verdi vinceranno il Campionato Paulista. Le cattive condizioni di salute lo riporteranno, però, ben presto a Modena, dove morirà nel 1923, a soli 34 anni.

federico

Virgolettati tratti da La Stampa e/o La Stampa Sportiva

Puntate precedenti: Campionati del mondo fatti in casa (1887-1902); L’evangelizzazione calcistica dell’Europa continentale (fine XIX sec.); Il Corinthian F.C., ovvero dell’integralismo amatoriale; La White Horse Final (1923); L’assenza britannica ai primi tre Mondiali; Il calcio a Sheffield; Il Poppy Day;
Celtic, from Killie to Killie (1917); I fatti di Croke Park (1920);
Puntata successiva: under construction